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Materiali per Operatori del Benessere Immateriale
Aforismi e pensieri di Sigmund Freud
Il poeta si comporta come il bambino che gioca. Egli crea un mondo di fantasia che prende molto sul serio - in cui, cioè, investe una grande carica emotiva - e lo separa nettamente dalla realtà.

Crescendo gli uomini smettono [...] di giocare e sembra che rinuncino al piacere che ottenevano dal gioco. Ma chi conosce la psiche umana sa che nulla è più difficile per un uomo della rinuncia ad un piacere già provato una volta. In realtà, non possiamo mai rinunciare a qualcosa, possiamo solo sostituire una cosa ad un'altra.

È più difficile osservare le fantasie degli adulti che i giochi dei bambini. È vero che il bambino gioca da solo o forma un sistema psichico chiuso con gli altri bambini ai fini del gioco; ma anche se non gioca di fronte agli adulti tuttavia non nasconde loro il suo gioco. L'adulto invece si vergogna delle sue fantasie e le nasconde alle altre persone.

Il gioco del bambino è determinato dai desideri, anzi da un unico desiderio (che contribuisce alla sua educazione), il desiderio di essere grande e adulto.

Le persone felici non fantasticano mai; lo fanno solo gli insoddisfatti. Le forze motrici delle fantasie sono desideri insoddisfatti, ed ogni singola fantasia è la realizzazione di un desiderio, una correzione della realtà insoddisfacente. Questi desideri provocatori variano a seconda del sesso, del carattere e delle circostanze della persona che crea la fantasia, ma ricadono naturalmente in due gruppi principali: o sono desideri ambiziosi, che servono ad elevare la personalità del soggetto, o sono desideri erotici. Nelle giovani donne predominano quasi esclusivamente i desideri erotici, poiché la loro ambizione è in genere assorbita dalle correnti erotiche. Negli uomini giovani affiorano abbastanza chiaramente desideri egoistici ed ambiziosi parallelamente a quelli erotici.

Le fantasie sono gli immediati predecessori psichici dei sintomi penosi lamentati dai nostri pazienti.

Le connessioni fra il complesso di interesse per il denaro e quello della defecazione, che sembrano completamente dissimili, appaiono essere le più estese di tutte.

L'influenza nociva della civiltà si riduce principalmente alla dannosa repressione della vita sessuale degli individui o di classi civili attraverso la moralità sessuale “civile” prevalente.

Si possono distinguere tre stadi di civiltà se si pone mente a questa evoluzione della pulsione sessuale; il primo in cui la pulsione sessuale può essere esercitata liberamente senza considerare gli scopi della riproduzione; il secondo, in cui tutta la pulsione sessuale è repressa ad eccezione di quella che serve agli scopi della riproduzione; e il terzo in cui soltanto la riproduzione legittima è concessa come scopo sessuale. Questo terzo stadio è riflesso nella moralità sessuale “civile” d'oggigiorno.

La costituzione delle persone invertite - gli omosessuali - è, in verità, spesso distinta da una particolare attitudine della loro pulsione sessuale alla sublimazione culturale.

Tutti quelli che desiderano avere una mente più elevata di quanto a loro costituzione permetta cadono vittime della nevrosi; sarebbero stati più sani se fosse stato loro possibile essere meno buoni.

Il numero delle nature forti, che apertamente si oppongono alle richieste della civiltà crescerà enormemente, e così pure il numero dei più deboli, i quali di fronte al conflitto tra la pressione degli influssi civili e la resistenza della loro costituzione, precipiteranno nelle malattie nervose.

Il compito di dominare una pulsione così potente come quella sessuale con mezzi diversi da quello della soddisfazione è cosa che può richiedere tutte le forze dell'uomo. Dominarlo con la sublimazione, sviando le forze sessuali istintive dal loro scopo sessuale per indirizzarle verso mete civili più elevate, è possibile solo a una minoranza di individui ed anche allora solo in modo intermittente, e meno facilmente durante il periodo della giovinezza ardente e vigorosa. La maggior parte invece diventa nevrotica o danneggiata in un modo o nell'altro.

Più una persona è disposta alla nevrosi, meno può tollerare l'astinenza.

Chiunque sia in grado di penetrare le cause determinanti delle malattie nervose si convincerà presto che il loro aumento nella nostra società deriva dall'intensificazione delle restrizioni sessuali.

Soddisfacenti rapporti sessuali nella vita matrimoniale possono aversi soltanto per pochi anni; e da questo periodo dobbiamo sottrarre naturalmente gli intervalli di astensione resi necessari dalla salute della moglie. Dopo questi tre, quattro, cinque anni, il matrimonio può considerarsi un fallimento per quel che riguarda la soddisfazione dei bisogni sessuali. Perché tutti gli espedienti fin qui inventati per impedire la concezione diminuiscono il godimento sessuale, feriscono la suscettibilità di ambedue i partners e possono perfino causare delle malattie. La paura delle conseguenze del rapporto sessuale porta anzitutto alla fine l'affetto fisico della coppia sposata; e inoltre, come risultato più remoto, pone termine anche di solito alla comprensione spirituale che legava i due, e che avrebbe dovuto sostituire l'amore appassionato dell'inizio quando questo si fosse esaurito. La disillusione spirituale e la privazione corporale a cui la maggior parte dei matrimoni sono così destinati, riporta entrambi i partners allo stato in cui erano prima del matrimonio, solo che adesso sono più poveri, avendo perduto un'illusione, e devono ancora una volta far ricorso alla loro forza per dominare e volgere ad altro la pulsione sessuale.

Le donne quando hanno subito le disillusioni del matrimonio, si ammalano di gravi nevrosi le quali oscurano permanentemente la loro vita. Nelle condizioni di civiltà odierne, il matrimonio ha da tempo cessato di essere una panacea per i disturbi nervosi delle donne, e se noi medici consigliamo ancora il matrimonio in tali casi, noi siamo tuttavia consapevoli che, al contrario, una ragazza deve godere di ottima salute se dovrà sopportarlo, e consigliamo vivamente i pazienti di non sposare una ragazza che abbia avuto disturbi prima del matrimonio. La cura delle malattie nervose che sorgono dal matrimonio sarebbe piuttosto l'infedeltà coniugale. Ma più rigidamente una donna è stata educata e più austeramente si è sottomessa alle richieste della civiltà, più ha paura di imboccare questa via di uscita; e nel conflitto tra i suoi desideri e il suo senso del dovere, cerca ancora una volta rifugio nella nevrosi. Niente protegge la sua virtù meglio di una malattia. Così lo stato matrimoniale, offerto come consolazione in gioventù alla pulsione sessuale della persona civile, si dimostra inadeguato persino alle richieste del periodo coperto da esso.

Il ritardo dello sviluppo dell'attività sessuale a cui la nostra educazione e la nostra civiltà tendono, al principio non è certamente dannoso. Si è visto che è una necessità quando si consideri l'età tarda in cui i giovani delle classi istruite raggiungono l'indipendenza e sono capaci di guadagnarsi la vita. (Questo mi ricorda, incidentalmente, l'intima interconnessione che corre tra tutte le istituzioni della nostra civiltà e la difficoltà di alterarne una qualsiasi parte senza considerare il tutto.) Ma non si possono non muovere obiezioni all'astinenza di un giovane prolungata parecchio dopo i vent'anni; ed essa arreca altri danni anche quando non porta alla nevrosi.

Difficilmente si può concepire un artista astinente; ma non è certo una rarità un giovane savant astinente. Quest'ultimo, col dominio di sé può liberare le forze per i suoi studi; mentre il primo probabilmente trova le sue realizzazioni artistiche potentemente stimolate dall'esperienza sessuale.

In generale non ho avuto l'impressione che l'astinenza sessuale aiuti a creare uomini d'azione energici e fiduciosi in sé, o pensatori originali o emancipatori e riformatori audaci. Molto più spesso produce dei deboli ben educati che in seguito si perdono nella gran massa delle persone che tende a seguire, malvolentieri, gli indirizzi dati dagli individui forti.

L'astinenza completa nel giovane spesso non è la migliore preparazione al matrimonio. Le donne sentono questo, e tra i loro corteggiatori preferiscono coloro che hanno già dato prova della loro virilità con altre donne.

Le donne che concepiscono senza piacere mostrano in seguito poca volontà di affrontare i dolori dei parti frequenti. In questo modo la preparazione al matrimonio frustra gli scopi del matrimonio stesso. Quando poi il ritardo nello sviluppo della moglie è superato e la sua capacità di amare si sveglia al culmine della sua vita di donna, i rapporti col marito sono stati già da gran tempo compromessi, e, come ricompensa per la sua precedente docilità, a lei resta la scelta tra il desiderio inappagato, l'infedeltà o la nevrosi.

Il comportamento sessuale di un essere umano spesso imposta il modello per tutti gli altri modi di affrontare la vita. Se un uomo mostra energia nel conquistare l'oggetto del suo amore, siamo fiduciosi che egli perseguirà gli altri scopi con energia altrettanto ferma; ma se, per una qualsiasi ragione, egli si trattiene dal soddisfare le sue forti pulsioni sessuali, allora il suo comportamento sarà conciliante e rassegnato più che vigoroso anche negli altri campi della vita.

La pratica della psicoanalisi esige molto meno preparazione medica che addestramento psicologico e libero senso di umanità.

L'unica garanzia di un'innocua applicazione del procedimento analitico non potrà che dipendere dalla personalità dell'analista.

Ci è facile capire perché i bambini mentono quando, così facendo, imitano le bugie dette dagli adulti. Ma vi sono moltissime bugie, dette da bambini ben educati, che hanno un significato tutto particolare, per cui dovrebbero rappresentare argomento di meditazione anziché essere causa di ira. Si tratta di bugie dette sotto l'impulso di sentimenti d'amore troppo acuti. Esse acquistano importanza nel caso che generino malintesi tra il bambino e la persona amata.

I casi di malattia che giungono all'osservazione dello psicoanalista non hanno tutti la stessa importanza ai fini dell'ampliamento delle sue conoscenze. Ve ne sono alcuni ai quali deve applicare tutto quello che sa e dai quali non impara nulla e ve ne sono altri che gli mostrano quel ch'egli già sa, ma in modo particolarmente chiaro e isolati in una posizione eccezionalmente rivelatrice, per cui a questi va debitore non solo di una conferma, ma persino d'un allargamento della sua conoscenza.

Gli errori scientifici sono davvero tenaci ed anche quando sono stati confutati, sono pronti a reinserirsi furtivamente sotto nuove maschere.

Non ci sorprende scoprire che la psicoanalisi dà conferma dell'importante ruolo acquistato dalle favole popolari nella vita psichica dei nostri bambini. Per alcune persone il ricordo delle fiabe preferite prende il posto dei ricordi dell'infanzia. Essi hanno fatto delle fiabe dei ricordi di copertura.

Da un lato la psicoanalisi ha ristretto il modo di pensare fisiologico e dall'altro ha conquistato alla psicologia una buona parte della patologia.

Una buona metà del compito psichiatrico, al fine di una soluzione, viene attribuita dalla psicoanalisi alla psicologia. Sarebbe tuttavia grave errore voler presumere che l'analisi ricerchi o appoggi una concezione esclusivamente psicologica dei disturbi psichici. Essa non può negare che l'altra metà ha come oggetto l'innuenza di fattori organici (meccanici, tossici, infettivi) sull'apparato psichico.

Le interpretazioni della psicoanalisi sono in primo luogo traduzioni da un modo di espressione che ci è sconosciuto in quello consueto per il nostro pensiero. Quando interpretiamo un sogno, ci limitiamo a tradurre un certo contenuto ideativo (i pensieri onirici latenti) “dal linguaggio del sogno” a quello della nostra vita da svegli. Si vengono in tal modo a conoscere le particolarità di questo linguaggio onirico e si trae la sensazione che esso faccia parte di un sistema espressivo molto antico.

Le dottrine ed i sistemi filosofici sono frutto di un numero di persone di netta impronta individuale; in nessuna altra scienza compete anche alla personalità dello scienziato una parte così di rilievo come appunto nella filosofia.

Alla psicoanalisi non capitò, come ad altre nuove scienze, di essere accolta con impaziente simpatia da coloro che si interessano del progresso del sapere. Per molto tempo non le si dette ascolto, e quando infine non si poté più ignorarla, diventò, per ragioni affettive, oggetto di violenta avversità da parte di quanti non si erano addossati la fatica di conoscerla. Essa deve questa accoglienza ostile alla circostanza che ben presto, nel corso delle sue ricerche, dovette scoprire che le malattie nervose sono la manifestazione di un disturbo della funzione sessuale ed ebbe pertanto ragione di occuparsi della osservazione, per troppo tempo trascurata, della funzione sessuale.

Le nevrosi corrispondono a una sopraffazione più o meno parziale dell'Io ad opera della sessualità, dopo che l'Io ha fallito il tentativo di reprimerla.

Non ad ogni analisi di fenomeni psicologici competerà il termine psicoanalisi. Questa ultima vuol dire più che decomposizione in fenomeni più semplici di fenomeni composti; essa consiste nel riferire una formazione psichica ad altre che la precedono nel tempo e dalle quali si è svolta.

La psicoanalisi ha dovuto far discendere la vita psichica dell'adulto da quella del bambino, prendere sul serio il detto: il bambino è il padre dell'uomo.

La maggior parte di noi mostra una lacuna mnemonica riguardo ai primi anni di infanzia, dalla quale affiorano solo singoli brani di ricordi. Si può sostenere che la psicoanalisi ha ormai riempito tale lacuna e ha eliminato questa amnesia infantile degli uomini.

On revient toujours à ses premiers amours [Si torna sempre ai primi amori] è una verità oggettiva. I vari punti oscuri della vita amorosa negli adulti si chiariscono solo rilevando i momenti infantili dell'amore.

La comprensione delle malattie nevrotiche dei singoli ha agevolato considerevolmente la comprensione delle grandi istituzioni sociali, in quanto le nevrosi stesse si sono dimostrate tentativi di trovare soluzioni a livello individuale ai problemi della compensazione di desiderio che a livello sociale devono essere risolti dalle istituzioni.

Le forze motrici dell'arte sono gli stessi conflitti che portano altri individui alla nevrosi e che hanno indotto la società ad edificare le sue istituzioni.

Le nostre virtù migliori si sono originate come formazioni reattive e sublimazioni sul terreno delle nostre peggiori tendenze.

Chi speri di imparare dai libri il nobile gioco degli scacchi presto scoprirà che soltanto le aperture e i finali si prestano a un'esauriente trattazione sistematica e che l'infinita varietà di mosse possibili dopo l'apertura sfida ogni descrizione. Questa lacuna nelle istruzioni potrà essere colmata soltanto con lo studio diligente delle partite giocate dai maestri. A limitazioni consimili sono soggette le regole che possono essere date sulla tecnica del trattamento psicoanalitico.

Bisogna diffidare di tutti gli aspiranti pazienti che chiedono di rimandare di qualche tempo l'inizio della cura. L'esperienza insegna che, quando arriva il giorno fissato per l'appuntamento, non si presentano anche se il motivo del rinvio, che è quanto dire la razionalizzazione della loro intenzione, sembra, ai non iniziati, al di sopra di ogni sospetto.

La nevrosi ha le sue radici in strati psichici ai quali una conoscenza intellettuale dell'analisi non è ancora pervenuta.

Una domanda poco gradita che il malato pone al medico al principio è: “Quanto durerà la cura? Quanto tempo le occorrerà per liberarmi dei miei disturbi?”. Se il medico si è deciso per un trattamento di prova di qualche settimana, può evitare di rispondere direttamente alla domanda, promettendo di fornire un parere più motivato alla fine del periodo di prova. La nostra risposta è simile a quella data dal filosofo al viandante nella favola di Esopo. Quando il viandante gli chiese quanto tempo avrebbe dovuto ancora camminare, il filosofo gli disse semplicemente: “Cammina!” e poi gli rese ragione di questa risposta, apparentemente priva di senso, dicendo che gli occorreva conoscere la lunghezza del passo del viandante prima di potergli specificare quanto sarebbe durato il viaggio. Questo è un espediente che aiuta a superare le prime difficoltà, ma il paragone non è valido perché il nevrotico può facilmente variare la lunghezza del passo e compiere a volte solo progressi molto lenti. In realtà è pressoché impossibile rispondere alla domanda sulla probabile durata di una cura.

Un mio amico e collega al quale ascrivo il grande merito di essersi convertito alla psicoanalisi dopo svariati decenni di lavoro scientifico condotto secondo altri principi, mi scrisse una volta: “Quel che occorre è un trattamento delle nevrosi ossessive rapido, pratico e ambulatoriale”. Non potendo accontentarlo rimasi un po' imbarazzato, e cercai di scusarmi osservando che anche gli specialisti in malattie interne sarebbero ben felici di disporre di una cura della tubercolosi o del cancro che riunisse questi vantaggi.

Io non impegno i malati a proseguire il trattamento per un determinato periodo; lascio ciascuno libero di interromperlo quando lo voglia, ma non gli nascondo che se la cura viene interrotta solo dopo che si sia compiuto poco lavoro, non ne risulterà beneficio alcuno, ed è facile anzi, similmente a un intervento chirurgico non terminato, che lo lasci in condizioni sfavorevoli.

Il potere dell'analista sui sintomi può essere comparato alla potenza sessuale maschile. Un uomo può sì, concepire un bambino tutto intero, ma neppure il più forte degli uomini può creare nell'organismo femminile una testa. o un braccio o una gamba soltanto; non può nemmeno stabilire il sesso dell'infante. Anch'egli mette in moto un processo complicatissimo, determinato da eventi risalenti a un remoto passato, che ha termine con la separazione del bambino dalla madre. Una nevrosi ha caratteri simili a un organismo. Le manifestazioni che la compongono non sono indipendenti le une dalle altre; si condizionano e si sostengono a vicenda.

Le questioni di danaro sono trattate dai popoli civili come le questioni sessuali, con la stessa incongruenza, gli stessi falsi pudori e ipocrisia.

Lo psicoanalista si deve mettere nella posizione di un chirurgo, che è franco e costoso perché dispone di metodi di cura efficaci.

Fissando il suo onorario, l'analista deve rendersi pure conto che, per quanto possa lavorare sodo non potrà mai guadagnare quanto gli altri specialisti.

Quelli che sono costretti dalle necessità a una vita di dura fatica sono meno facilmente colpiti dalla nevrosi, ma dall'altra parte l'esperienza insegna, senza dubbio, che quando un povero è colpito da una nevrosi ben difficilmente se ne lascia liberare. Essa gli rende un servizio troppo utile nella lotta per l'esistenza: il guadagno secondario derivatogli dalla malattia è troppo importante per lui. Ora, col diritto datogli dalla nevrosi, reclama quella compassione che il mondo rifiutava alle sue ristrettezze materiali, e può prosciogliere se stesso dall'obbligo di combattere la povertà col lavoro.

Nella vita non c'è nulla di più costoso della malattia... e della stupidità.

Vi sono dei malati che fin dalle primissime ore di cura preparano minuziosamente quello che dovranno comunicare, evidentemente per assicurarsi di fare il miglior uso del tempo dedicato al trattamento. È la resistenza che, in questo modo, si camuffa da zelo. Qualsiasi preparazione del genere è da sconsigliarsi perché serve solo a impedire l'affiorare di pensieri non graditi.

Le persone che più facilmente tendono a nascondere le idee che vengono loro in mente in apertura di analisi, sono donne che, in seguito ad eventi passati della loro vita, sono pronte a difendersi da attacchi sessuali, e uomini con una fortissima omosessualità rimossa.

Si deve stare attenti a non dare al paziente la soluzione di un sintomo o l'interpretazione di un desiderio finché egli non sia tanto vicino ad essa che con un solo passo in più arriverebbe alla spiegazione da solo.

La principale forza motrice della terapia è la sofferenza del paziente con il desiderio, che ne scaturisce, di guarire.

Gli individui giovani e a carattere infantile tendono a trasformare l'imperativo, imposto dal trattamento, di concentrare l'attenzione sulla malattia, in un gradito pretesto per gozzovigliare con i propri sintomi.

Il miglior modo di proteggere il paziente dai danni che potrebbero derivargli dall'assecondare uno dei suoi impulsi, sta nel fargli promettere di non prendere alcuna decisione importante che possa influire sulla sua vita (come, per esempio, scegliere una professione o un oggetto d'amore definitivo), mentre la cura è in atto, rimandando invece ogni decisione a dopo la guarigione.

Un individuo impara il buon senso solo attraverso le esperienze personali e le conseguenti disavventure.

Come è noto, i discorsi sublimi hanno ben scarsa influenza sulle passioni.

Il trattamento psicoanalitico poggia sulla sincerità. In essa risiede gran parte dell'effetto educativo e del valore etico della psicoanalisi, ed è pericoloso allontanarsi da questo fondamento.

La tecnica analitica impone al medico di negare alla paziente, smaniosa di amore, la soddisfazione che chiede. La cura va proseguita nell'astinenza.

Per l'analisi è altrettanto deleterio se la brama di amore della paziente è soddisfatta o se è repressa. L'operato dell'analista non deve perseguire né l'uno né l'altro fine; nella vita reale non si dà nulla di simile. Egli deve stare attento a non sottrarsi all'amore da transfert, a non respingerlo e a non renderlo penoso per la paziente; però deve anche evitare, con pari risolutezza, qualsiasi corresponsione.

Quanto al medico, motivi etici e motivi tecnici concorrono a impedirgli di concedere il suo amore alla paziente. Egli deve tener presente che il suo scopo sta nel dare a questa donna, la cui capacità di amare è ostacolata da fissazioni infantili, il pieno possesso di una funzione di inestimabile importanza, non perché la disperda così nel trattamento, ma per mantenerla intatta per il momento in cui, finita la cura, cominceranno a farsi sentire le esigenze della vita reale. Il medico non deve rinnovare la scena di quella corsa di cani il cui premio doveva essere una filza di salsicce, ma che qualche bello spirito mandò a monte gettando una sola salsiccia in mezzo alla pista, dato che l'ovvio risultato fu che i cani si gettarono su quella dimenticando la gara e la filza di salsicce che li spronava da lontano alla vittoria.

L'amore sessuale è una delle cose principali della vita, e uno dei punti culminanti di questa unione della soddisfazione psichica a quella del corpo nel godimento dell'amore. Tolto qualche anormale fanatico, tutto il mondo lo sa e vive in conformità a questo principio.

Lo psicoterapeuta analitico deve ingaggiare un triplice combattimento: nel suo intimo, contro le forze che tentano di trarlo in basso, sotto al livello analitico; al di fuori dell'analisi, contro gli avversari che mettono in discussione l'importanza che egli attribuisce alle forze pulsionali sessuali, e che gli rendono difficile il compito di avvalersene nella tecnica scientifica; nell'ambito dell'analisi, contro le pazienti, le quali, prima si comportano da avversarie, ma poi scoprono quell'ipervalutazione della vita sessuale che le domina e cercano di invischiarlo nelle loro passioni ribelli a ogni controllo sociale.

Lo psicoanalista sa di lavorare con forze altamente esplosive e che deve procedere con la stessa cautela e la stessa coscienziosità di un chimico. Ma quando mai è stato proibito ai chimici, a causa del pericolo, di maneggiare sostanze esplosive, che gli sono indispensabili, a causa dei loro effetti? È degno di nota che lo psicoanalista deve conquistarsi di bel nuovo tutte quelle libertà che da gran tempo sono state accordate alle altre attività mediche.

La storia della psicoanalisi vera e propria inizia solo con la innovazione tecnica dell'abbandono dell'ipnosi.

Durante questi anni almeno una dozzina di volte mi è stato riferito da relazioni sui lavori di determinati congressi e di sedute di associazioni scientifiche, o in resoconti su certe pubblicazioni, che la psicoanalisi ormai era morta, decisamente superata e finita. La risposta sarebbe dovuta assomigliare al telegramma che Mark Twain mandò al giornale che per sbaglio ne aveva annunciato la morte: “Notizia del mio decesso fortemente esagerata”. Dopo ogni dichiarazione di morte la psicoanalisi ha acquistato nuovi aderenti e collaboratori, o si è creata nuovi organi. Comunque dichiararla morta costituisce un progresso nei confronti della congiura del silenzio.

La psicoanalisi mette in evidenza solo l'aspetto peggiore di ogni singolo uomo.

L'esperienza insegna che a rarissime persone è concesso di restare educate, e meno ancora oggettive, nella discussione scientifica, ed io ho sempre odiato le liti scientifiche.

Le cose possono andare con gli psicoanalisti come con i malati durante l'analisi.

La relatività della nostra conoscenza è un'obiezione che si può opporre tanto alla psicoanalisi quanto ad ogni altra scienza.

Jung, con la sua “innovazione” della psicoanalisi, ha dato un esempio del famoso “coltello di Lichtenberg”. Ha cambiato il manico e vi ha introdotto una nuova lama; essendovi incisa la stessa marca, dovremmo prendere questo oggetto per quello di prima.

Gli uomini sono forti fino a quando difendono una idea forte; divengono impotenti non appena le si oppongono.

È bene ricordarci che tutte le nostre provvisorie concezioni psicologiche troveranno un giorno il loro fondamento in qualche infrastruttura organica.

Certo che una bella dose di egoismo è una sorta di protezione contro la malattia, ma, in ultima analisi, per non rischiare di ammalarci noi dobbiamo cominciare ad amare, e siamo proprio destinati ad ammalarci se a causa di qualche frustrazione non ci è possibile amare.

Le donne, specialmente se vengono su carine, manifestano una sorta di autoappagamento, che serve da compensazione alle restrizioni sociali cui debbono sottostare nella scelta dell'oggetto. A rigor di termini, dovremmo dire che queste donne amano solo se stesse, e con una intensità paragonabile solo a quella con cui l'uomo le ama.

Il narcisismo dell'altro esercita una forte attrazione su colui che ha rinunciato a una parte del proprio e va in cerca di un oggetto d'amore.

Il fascino del bambino risiede in gran parte proprio in quel suo narcisismo, che è auto-soddisfacimento, che è inaccessibilità; è il fascino che ci è dato di vedere in certi animali, come il gatto o le grandi belve da preda, che sembrano non curarsi affatto della nostra presenza. E, ancora, perfino i grandi criminali e i grandi umoristi, almeno come sono descritti nella letteratura, catturano il nostro interesse per quello spessore narcisistico con cui si adoperano ad allontanare dal loro Io qualsiasi cosa lo possa rimpicciolire.

Il costituirsi della coscienza è, in fondo, l'incorporazione delle critiche dei genitori in un primo momento, e di quelle della società poi.

Il fatto di dipendere dall'oggetto amato fa calare l'autostima: chi ama è umile. Chi ama ha, per così dire, rinunciato a una parte del suo narcisismo, e tale parte può essere rimpiazzata solo dal venire ricambiato in amore.

La maggioranza delle donne isteriche si annoverano tra le rappresentanti più attraenti e perfino più belle del sesso femminile; mentre, d'altro canto, l'essere brutte, l'avere difetti organici e altre infermità, come si riscontra frequentemente nelle donne delle classi più basse della società, non fa aumentare l'incidenza delle malattie nevrotiche.

Abbiamo spesso sentito sostenere che le scienze dovrebbero essere fondate su concetti basilari chiari e nettamente definiti. In verità, nessuna scienza, neanche la più esatta, comincia con tali definizioni. Il vero inizio dell'attività scientifica consiste piuttosto nel descrivere i fenomeni e quindi nel raggrupparli, ciassificarli e correlarli. Già allo stadio di descrizione non è possibile evitare di applicare certe idee astratte al materiale in questione, idee queste che derivano da qualche parte, ma che certamente non sono basate unicamente sulle nuove osservazioni.

L'amore e l'odio, i quali ci si presentano, quanto al contenuto, come perfetti opposti, non stanno dopo tutto in una relazione così semplice tra di loro.

Udire qualcosa e sperimentare qualcosa sono dal punto di vista psicologico due cose affatto diverse, anche se il contenuto è lo stesso.

Lo scrivere si presenta come un processo relativamente semplice e, al contrario del leggere, difficilmente influenzato dalle distrazioni.

Senza essere un apostolo della pietà e pur riconoscendo la necessità biologica e psicologica della sofferenza nell'economia della vita umana, tuttavia non si può fare a meno di condannare la guerra nei suoi fini e nei suoi mezzi e di aspirare alla cessazione delle guerre.

I popoli sono rappresentati dagli Stati che essi formano; gli Stati, dai governi che li dirigono. Nel corso di questa guerra, ogni membro di una nazione può constatare ciò di cui aveva già una vaga intuizione in tempo di pace, cioè che, se lo Stato vieta all'individuo la pratica dell'offesa, ciò non avviene perché esso voglia eliminarla, ma perché vuole monopolizzarla, così come monopolizza il sale ed il tabacco.

Lo Stato in guerra si permette tutte le ingiustizie, tutte le violenze, la più piccola delle quali basterebbe a disonorare l'individuo. Esso ha fatto ricorso, nei confronti del nemico, non solo a quel tanto di astuzia permessa, ma anche alla menzogna cosciente e voluta, e questo in una misura che va al di là di tutto ciò che si era visto nelle guerre precedenti. Lo Stato impone ai cittadini il massimo di obbedienza e di sacrificio, ma li tratta da sottomessi, nascondendo loro la verità e sottomettendo tutte le comunicazioni e tutti i modi di espressione delle opinioni ad una censura che rende la gente, già intellettualmente depressa, incapace di resistere ad una situazione sfavorevole o ad una cattiva notizia. Si distacca da tutti i trattati e da tutte le convenzioni che lo legano agli altri Stati, ammette senza timore la propria capacità e la propria sete di potenza, che l'individuo è costretto ad approvare ed a sanzionare per patriottismo.

Di rado l'uomo è del tutto buono o del tutto cattivo; nella maggior parte dei casi egli è buono per certi aspetti, cattivo per altri; buono in certe condizioni esteriori, decisamente cattivo in altre. L'esperienza ci ha dimostrato questo fatto interessante: che la preesistenza, nell'infanzia, di tendenze molto “cattive” costituisce in molti casi una delle condizioni per l'orientamento verso il bene, quando l'individuo ha raggiunto l'età adulta. I bambini più egoisti possono diventare cittadini estremamente caritatevoli e capaci dei massimi sacrifici; la maggior parte degli apostoli della pietà, dei filantropi, dei protettori di animali, hanno dimostrato, nell'infanzia, tendenze sadiche e crudeltà nei confronti degli animali.

Essere amati è un vantaggio al quale se ne possono e se ne devono sacrificare molti altri.

La civilizzazione ha potuto sorgere e svilupparsi solo grazie alla rinuncia alla soddisfazione di determinati bisogni ed esige che tutti coloro i quali, nel susseguirsi delle generazioni, vogliono godere dei vantaggi che la vita civile comporta, rinuncino a loro volta alla soddisfazione di certi istinti.

Gli uomini che nascono nella nostra epoca portano con sé al mondo una certa disposizione a trasformare le tendenze egoistiche in tendenze sociali, disposizione che fa parte dell'organizzazione che hanno ereditato e che opera questa trasformazione sotto lo stimolo di impulsi spesso molto lievi. Ma altre tendenze subiscono la trasformazione non più per una disposizione ereditaria, ma sotto la pressione di fattori esteriori. In tal modo ogni individuo subisce non solo l'influenza del suo attuale ambiente civilizzato, ma anche quella degli ambienti in cui vissero i suoi antenati.

Le evoluzioni psichiche presentano una caratteristica che non si ritrova in nessun altro processo evolutivo o di sviluppo. Quando un villaggio si trasforma in città o il bambino diviene uomo, il villaggio ed il bambino sono totalmente assorbiti, fino a scomparire, nella città e nell'uomo. Solo con uno sforzo della memoria si può ritrovare, nella nuova formazione, l'antica fisionomia; la realtà è che l'antico materiale e le antiche forme sono scomparsi, per far posto ad un nuovo materiale ed a nuove forme. Nell'evoluzione della vita psichica le cose vanno in modo assolutamente diverso. In questo caso c'è una situazione diversa da ogni altra e che si può descrivere solo dicendo che ogni precedente fase di sviluppo sussiste e si conserva a fianco di quella che ne è derivata.

Basta che un gran numero, che milioni di uomini si trovino riuniti, perché tutte le acquisizioni morali dei singoli individui svaniscano rapidamente, ed al loro posto restino solo gli atteggiamenti psichici più primitivi, più brutali. Risultato molto doloroso che si attenuerà forse man mano che l'evoluzione continuerà il suo cammino in avanti. Tuttavia noi crediamo che un po' più di franchezza e di sincerità nei rapporti tra gli uomini ed in quelli tra gli uomini ed i loro governanti, potrebbe aprire la strada a questa evoluzione.

Per noi è assolutamente impossibile raffigurarci la nostra morte, ed ogni volta che tentiamo di farlo, ci rendiamo conto di assistervi da spettatori. È per questo che la scuola psicoanalitica si è ritenuta in diritto di affermare che, in fondo, nessuno crede alla propria morte, o, il che è lo stesso, che ciascuno è inconsciamente convinto della propria immortalità.

Per quanto riguarda la morte degli altri, l'uomo civile evita accuratamente di parlare di questa eventualità in presenza della persona la cui morte sembra vicina. Solo i bambini non hanno questa discrezione e rivolgono minacce implicanti la possibilità della morte ed arrivano persino a dare per scontata la morte di una persona cara, dicendole, come fosse la cosa più naturale del mondo: “Cara mamma, quando tu sarai morta io farò questo o quello”. Da parte sua, l'uomo civile adulto non si sofferma sul pensiero della morte delle persone che gli sono vicine, perché ciò vorrebbe dire dar prova d'insensibilità o di cattiveria, tranne che nei casi, come quello del medico, dell'avvocato, ecc., in cui si è portati a pensarvi per preoccupazioni professionali.

È troppo triste rendersi conto che la vita assomiglia al gioco degli scacchi, in cui basta una mossa falsa a farci perdere la partita, con l'aggravante che, nella vita, non possiamo nemmeno contare su di una possibilità di rivincita.

I filosofi pretendono che l'enigma intellettuale rappresentato per l'uomo primitivo dalla morte si sia imposto alla sua riflessione e debba essere considerato come il punto di partenza per ogni speculazione. Mi sembra che, su questo punto, i filosofi ragionino troppo... da filosofi e non tengano conto dell'azione dei movimenti primitivi. Perciò io penso di dover attenuare la portata di questa proposizione e di correggerla dicendo che l'uomo primitivo trionfa sul cadavere del nemico ucciso senza doversi spezzare la testa sugli enigmi della vita e della morte. L'uomo primitivo non fu spinto a riflettere né dall'enigma intellettuale né dalla morte in generale, ma dal conflitto affettivo che, per la prima volta, sorse nella sua anima alla vista della morte di una persona amata e, tuttavia, estranea ed odiata. La psicologia è nata da questo conflitto.

Non c'è bisogno di proibire ciò che nessuno desidera. Proprio il modo in cui è formulata la proibizione non uccidere può darci la certezza che noi discendiamo da una serie infinitamente lunga di generazioni di assassini che, come forse anche noi oggi, avevano nel sangue la passione per l'omicidio. Le tendenze morali dell'umanità, la cui forza ed importanza sarebbe assurdo contestare, sono un'acquisizione nella storia umana e costituiscono, ad un livello disgraziatamente molto variabile, il patrimonio ereditario degli uomini dei nostri giorni.

Scherzando, si può dire di tutto, anche la verità.

Rendere la vita sopportabile è il primo dovere dell'essere vivente.

Ricordiamo il vecchio adagio: si vis pacem, para bellum: se vuoi il mantenimento della pace sii sempre disposto alla guerra.

Sarebbe ora di modificare questo adagio e di dire: si vis vitam, para mortem: se vuoi sopportare la vita, impara ad accettare la morte.

Nel tempo il valore della transitorietà è il valore della rarità. La limitazione nella possibilità di un godimento aumenta il valore del godimento.

La bellezza del corpo e del viso umani svanisce per sempre nel corso della nostra vita, ma la loro evanescenza dà loro solo un nuovo fascino.

Fianco a fianco con le esigenze della vita, l'amore è il grande educatore.

Dal punto di vista somatico, il sonno è una riattivazione dell'esistenza intrauterina perché realizza le condizioni di riposo, calore ed esclusione degli stimoli; nel sonno, infatti, molte persone assumono la posizione fetale.

Nei sogni, la malattia fisica incipiente è spesso scoperta prima e più chiaramente che non nella vita vigile, e tutte le correnti sensazioni fisiche assumono proporzioni gigantesche. Questo ingrandimento è di carattere ipocondriaco, ed è condizionato dal ritiro sull'Io di tutte le cariche psichiche sottratte al mondo esterno, rendendo pertanto possibile una precoce conoscenza delle alterazioni corporali che nella vita vigile resterebbero ancora a lungo inosservate.

L'Io non è padrone in casa sua.

Ciascuna delle tre qualità, avarizia, pedanteria e ostinatezza, discende da fonti erotiche anali o per esprimerla più cautamente e più completamente - ricava forti contributi da quelle fonti.

La psicoanalisi è più adatta di qualsiasi altro sistema a far apprendere la psicologia allo studente di medicina.

Il lavoro della psicoanalisi richiama alla mente la similitudine con l'analisi chimica, ma ricorda altrettanto bene l'intervento del chirurgo, le manovre dell'ortopedico o l'influenza dell'educatore.

In generale, l'impresa di convertire un omosessuale totale in un eterosessuale non presenta maggiori possibilità di riuscita del procedimento inverso, solo che questo non si tenta mai per buone ragioni pratiche.

Non spetta alla psicoanalisi risolvere il problema dell'omosessualità. Essa deve accontentarsi di rivelare i meccanismi psichici responsabili della scelta oggettuale e di individuare i sentieri che da essi vanno alle disposizioni istintuali.

Solo i credenti, che pretendono che la scienza diventi il surrogato del catechismo a cui hanno rinunciato, possono biasimare il ricercatore che perfeziona o addirittura modifica le sue concezioni.

La contrapposizione tra la psicologia individuale e quella sociale o collettiva si rivela, quando la si consideri più attentamente, ben meno profonda di quanto non appaia a prima vista.

Tra lo stato amoroso e l'ipnosi non c'è una gran distanza. I punti di rassomiglianza sono evidenti. Nei confronti dell'ipnotizzatore si dimostra la stessa umiltà nella sottomissione, lo stesso abbandono, la stessa mancanza di senso critico che nei confronti della persona amata. Si osserva la stessa rinuncia ad ogni iniziativa personale; indubbiamente l'ipnotizzatore ha preso il posto dell'ideale dell'Io. Solo, nell'ipnosi tutte queste caratteristiche si presentano con più chiarezza ed un maggiore rilievo, di modo che sembrerebbe più opportuno spiegare lo stato amoroso con l'ipnosi che viceversa.

L'amore sensuale è destinato a spegnersi, una volta soddisfatto; per poter durare, esso deve essere associato, fin dagli inizi, ad elementi di pura tenerezza, deviati dallo scopo sessuale, o subire ad un certo punto una trasposizione di questo genere.

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