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CAPITOLO 4 (seconda parte) / v. Capp. 1 - 2 - 3 - 4 - 5 - 6 - 7

Tutto questo è bene ricordarselo in riferimento al modo in cui vengono ritratte occasionali figure pubbliche - sia pubblicamente, sia attraverso chiacchiere private, come persone altamente erotiche. Le «conquiste» erotiche possono alimentare l'ego o innalzare il proprio status. Brevi incontri sessuali hanno la possibilità di scaricare la tensione superflua nel modo descritto da Cuber e Harroff. Alcuni possono anche darsi da fare per rubacchiare qualche interludio erotico alla loro vita affaccendata. Ma, parlando in generale, una carriera pubblica di successo è incompatibile con un fare all'amore piacevole e gratificante. Dopo tutto, le ore del giorno sono soltanto quelle, per cui un grosso impegno in un rapporto amoroso - perfino in quello coniugale - si riverbererà sull'attività di carriera («sta trascurando il lavoro per quelle faccende»). Se il carrierista scegliesse l'amore cesserebbe di essere un carrierista. Cuber e Harroff, commentando il pesante costo emotivo che i carrieristi pagano per il successo, osservano che molti di loro sono stati «capaci di inibire il lato sessuale della loro natura senza mettere visibilmente a repentaglio la loro salute mentale». Mai è successo loro di porre in dubbio il rapporto fra successo in sé e salute mentale (essendo quest'ultima sempre definita dai valori della cultura), per cui il successo nella camera è la nostra virtù più curata. Malgrado ciò, è sufficiente camminare per una strada cittadina per rendersi conto della spaventosa gabella di sofferenza umana - sia essa emotiva, fisica, mentale e sociale - imposta da questi carrieristi di successo nel corso della denegazione della propria umanità. E ciò perché, quando un carrierista soffoca la propria umanità ponendola al servizio dell'acquisizione, che tipo di mondo può mai essere edificato se non uno in cui l'umanità è soffocata? L'America si è formata sulla base secondo cui, quando la gente si muove insieme, il movimento è tormentosamente lento - conservando tutte le sue delicate e intricate interrelazioni durante tutti i passi del cammino, soffermandosi a riparare ogni rottura che potrebbe essere determinata da un movimento discordante e nutrendo sensibilità verso le proprie condizioni ambientali naturali. Questo ritmo da lumaca va sufficientemente bene per la natura, ma un uomo, nel suo breve spazio vitale, deve preoccuparsi di cambiamenti rapidi e visibili che servano di monumento al suo ego effimero, così come un toporagno o un piranha si preoccupano della loro combinata piccolezza e voracità. Al fine di ottenere rapidamente qualche cosa, il sistema americano è di afferrare nulla e nessuno. Allo stesso modo, la motivazione edipica alimenta l'apprendimento intellettuale di tipo ristretto e maccanicistico, rendendo più difficile l'apprendimento complesso ed emotivo. Il coinvolgimento in un obiettivo simbolico pone all'erta l'individuo di fronte a qualsiasi messaggio che possa essere messo a servizio dell'obiettivo stesso, pur rendendolo cieco a messaggi che appaiono irrilevanti per esso, o che lo pongano in dubbio, o che lo collochino in un contesto più ampio ed equilibrato. Come tutte le malattie, la nostra malattia sociale è uno stato di disquilibrio. La nostra ipertrofia tecnologica è stata acquisita non malgrado la nostra decadenza sociale o accosto ad essa, ma a causa di essa. Abbiamo barattato l'integrazione sociale col potere meccanico, accidentalmente scartando gli organismi sociali più squisitamente complessi - costruiti lentamente da generazioni. Ci si immagina follemente che i progressi tecnologici dei due secoli scorsi siano arrivati gratuitamente, o che siano stati pagati. Non sono stati pagati. Il loro costo di insoddisfazione umana è incalcolabile: gli esseri umani e, in effetti, tutte le cose viventi, ne pagheranno ancora il fio per centinaia di anni. Ciò che abbiamo perduto non può essere semplicemente scontato successivamente quando, alla fine, avremo raggiunto una qualche Terra di Oz tecnologica, per cui cominceremo a guardarci d'attorno per ottenere il premio. È andato perduto per sempre. Molte delle nostre risposte sociali e delle nostre sensibilità organiche sono tanto ottuse da essere già incapaci di vivere in comunità cooperative a partire dalla prossima generazione, o giù di lì. E non solo queste capacità stanno scomparendo a tasso accelerativo, ma sono anche già pressocché impossibili da ricreare quelle condizioni che ne determinano l'affioramento. Ho dimostrato come saggezza e comprensione - cioè, l'apprezzamento della totalità e delle interrelazioni - siano ostacolate dalla struttura a gradiente ripido. E ciò perché, quanto meno si investe l'interesse emotivo nel qui-e-ora, tanto meno pienamente si può crescere attraverso l'esperienza. Se desideriamo elevare il tipo di intelligenza misurata dai tests di Q.L, dovremmo, allora, progettare una società simile alla classe media americana, in cui la motivazione edipica è esagerata. Se, d'altro canto, desideriamo elevare saggezza e comprensione, dovremmo cercare esattamente l'adattamento opposto: comunità a diffusione di nutritività che producano personalità a gradiente piatto.

Realtà e colpa

Ciò, forse, risulta più evidente se ci rivolgiamo ad un altro attributo del gradiente ripido: la colpa. Nelle società mobili, la colpa è notevolmente apprezzata come meccanismo di controllo sociale, dacché non dipende (come la vergogna, la punizione, la disapprovazione sociale e la coazione comunitaria) dalla presenza di un'unità sociale stabile. Una persona può sentirsi in colpa in ogni luogo e ogni momento. Si dice che la colpa derivi da tecniche di allevamento dei figli «orientate all'amore». Poiché la perdita dell'amore è la minaccia più terribile che possa
sperimentare il bambino, questi interiorizza valori e desideri dei genitori in modo da essere in grado di anticipare e prevedere il dispiacere parentale. Come l'ansia, la colpa è il segnale che il perdurare lungo lo stesso corso provocherà un disastro - nel nostro caso, la perdita dell amore dei genitori (e, quando il bambino cresce e si appropria di questi desideri e valori, la perdita dell'amore e del rispetto di sé). Però l'amore deve essere concentrato in maniera schiacciante in un'unica fonte perchè la sua perdita possa determinare un disastro del genere. I valori parentali interiorizzati e privati (contrapposti a quelli comunitari) sono ampiamente funzione di un apparentamento concentrato e, conseguentemente, un prodotto a gradiente ripido. L'apparentamento concentrato consente al dispiacere dei genitori di sostituire come fonte potenziale di minaccia tutte le altre forme di realtà. Il bambino a gradiente piatto farà assai più attenzione ad una minaccia alla propria sopravvivenza che a quella di un qualsiasi individuo che lo respinga. Non così il bambino a gradiente ripido. Come la cultura può creare realtà sostitutive, altrettanto lo può la famiglia: soltanto su base più individualistica. Il gradiente ripido di piacere seduce l'individuo a sostituire un mondo parentale a quello reale. In questo mondo parentale immaginano, vengono premiati, anche in assenna dei genitori il buon comportamento e la buona intenzione. Nel mondo reale, invece chiunque sia auto insensibile all'ambiente da camminare sul ghiaccio sottile, cadrà nell'acqua sottostante indipendentmente da quanto si sia comportato bene. Nell'individuo a gradiente ripido, la consapevolezza di ciò diventa confusa. L'intero mondo risulta essere un palcoscenico familiare. I rapporti vengono definiti in termini di obbligatorietà, per cui le persone immaginano che l'interesse erotico di un partner si possa conquistare attraverso i buon comportamento o imporre attraverso l'obbligo. La vita è guidata dal principio dell'accumulazione di tagliandi di colpa: "Se soffro sufficientemente, alla fine otterrò il premio". Ossia, per dare al tutto una forma più attuale: "Se resto fedele ai giusti valori, se resto leale a me stesso, il mondo mi premierà.» Questo mondo parentale basato sulla colpa risulta, ovviamente, assai importante per lo sviluppo dell'insensibilità meccanica al feedback - dell'intelligenza a binario unico più che della saggezza.

Acquisizione, specializzazione e potere

L'acquisizione è sempre una specializzazione - cioè è l'ipertrofia di qualche caratteristica a spese di altre. Essa comporta sempre un disquilibrio nella totalità della psiche individuale. In sé, non vi è nulla di errato in tale disquilibrio - in effetti, esso depone per la varietà e lo spettacolo nelle cose umane - nei limiti in cui si determini un bilanciamento nel tempo, oppure attraverso la comunità. In ogni gruppo, la gente accetta definizioni deformate e ristrette di sé (clown, cinico, persona fidata, scopatore, sorvegliante, e così via) come prezzo di ingresso, e, per i membri del gruppo, non esiste piacere più grande che raccontare eventi di sé che confermino queste caricature. Gli individui traggono altresì piacere dal fatto che molta della loro umanità sia impregnata di sé fin presso la soglia di casa; dopotutto, questa eccentricità è quella che garantisce loro un'appartenenza come membri. Un gruppo di individui pienamente umani ed equilibrati potrebbe cambiare ogni giorno la propria appartenenza senza che nessuno se ne accorgesse. La limitatezza serve a drammatizzare la reciproca interdipendenza, ricordando a ognuno che non può sopravvivere senza gli altri, dacché nessuno è tutto. Ciò, ovviamente, è falso, in quanto ognuno è, potenzialmente, tutto; e i gruppi possono sopravvivere ai cambiamenti di appartenenza se questi sono sufficientemente graduali da permettere ai superstiti di adattare e modificare le proprie caricature. Però, è un falso utile e necessario, e, in effetti, se ci focalizziamo (come dovremmo) su questo problema di adeguata cadenza, esso risulta anche essere una specie di verità. Il falso autentico comincia quando la gente si lascia intrappolare permanentemente nella caricatura, anche al di fuori del contatto gruppale. Nella nostra società, per esempio, la maggioranza delle posizioni preminenti viene occupata in modo competitivo e, perciò stesso, esige una motivazione permanentemente intensa e ristretta. Il successo lo si raggiunge diventando macchine - cioè, motori privi di governo, sinceramente dedicati a vincere le competizioni e ad ingigantire l'ego. È però altrettanto importante che i seguaci fantastichino che questi fragili esseri da cui dipendono siano motivati da qualche cosa d'altro che non dal puro narcisismo. Da qui la frequenza con cui i leaders politici americani professano la loro umiltà - unico tratto che, per definizione, non è possibile che posseggano. Ovviamente, i leaders hanno un profondo bisogno di potere e a ciò è legata la mia enfasi sulla patologia delle loro motivazioni. Ma il potere è di due tipi, che potremmo chiamare l'uno positivo e l'altro negativo.Quello negativo è la capacità di controllare, costringere, incarcerare, invadere, terrorizzare ed uccidere. Questo è il significato comune assegnato al termine, per cui, quando lo utilizzo senza modifica, è generalmente a questo cui alludo. Chi detiene una grossa fetta di potere, come il Presidente degli Stati Uniti ed altri importanti capi di stato, è in grado di uccidere con relativa impunità. I popoli oppressi che chiedono più « potere per il popolo» desiderano, almeno, quel tanto di esso da non essere sterminati, da rimuovere l'impunità, da creare un «equilibrio di potere». Un equilibrio di potere negativo è due uomini, ognuno dei quali ha una pistola puntata alla testa dell'altro. Il definirlo negativo non significa moralizzarne, ma enfatizzare la qualità statica. Quando è in equilibrio non può succedere nulla - lo stato di zero è il suo punto più elevato. Se si disequilibra, qualcuno, prima o poi, verrà ucciso o brutalizzato.Il potere positivo è la capacità di influenzare gli altri, di suscitare amore e rispetto e di far fronte ai propri bisogni - senza pressione e in uno stato socialmente nudo e disadorno, privo di status, di posizione o di altri armamentari. Raramente gli Occidentali adoperano il termine in questo senso, anche se esso, in altre culture, è più comune. Tutti conosciamo persone che possiedono in grado elevato potere positivo: persone semplici che, da bambini, erano state amate sinceramente e senza ambivalenze. Esse danno e ricevono con eguale facilità. Chiamo «positivo» questo tipo di potere perché parte da zero più che terminare in esso, e perché quando è in equilibrio è dinamico. Il che vuol dire che due persone dotate di eguale potere positivo otterranno entrambe amore e rispetto, entrambe avranno successo nell'influenzare l'altra, entrambe faranno in modo che i loro bisogni vengano soddisfatti. Non saranno inceppate dal doversi mantenere a distanza, ma si svilupperanno attraverso la loro interazione.Il bisogno di potere negativo esprime una mancanza di potere positivo. Meno potere positivo si possiede, di maggiore potere negativo si ha bisogno. Ma il potere negativo non nutre, ne può creare. Da esso non è possibile ottenere amore, ne rispetto di sé (in rapporto al proprio status o al proprio armamentario). Donde il ricercarlo è destinato al fallimento.Colui che persegue il potere negativo si trova in condizione patologica. Alcuni individui dotati di un minimo di potere positivo non si rendono conto del significato di questo dono ed inseguono in ogni modo il potere negativo: facciamo riferimento ai leaders carismatici, che appaiono essere i più ottenebrati di tutti - come colui che grida nel microfono anche quando la sua voce è stata già amplificata. I leaders e i realizzatori di successo dispongono di una volontà altamente sviluppata, assai utile in periodi di crisi. Soltanto che, per loro, qualsiasi momento di ogni giorno è un periodo di crisi. Per cui, hanno la tendenza a crearsi intorno crisi - alterando la realtà in modo tale da dare un'aria di autenticità alla loro visione di base del mondo. Il loro comportamento volitivo tende a trascinare tutti in quello stesso stato di disperazione da essi sollecitato per superarlo. È la persona particolarmente indigente quella che deve assicurare la soddisfazione di questi bisogni. Il desiderio di potere o di preminenza è una ricerca più all'indietro che in avanti - è un tentativo di ripristinare quella dominanza infantile il cui desiderio è comando per i genitori. Secondo quanto fa notare Bateson: «Un comando può assomigliare assai da vicino ad un grido di aiuto», e a Freud piaceva parlare di "Sua Maestà il Bambino". Parte del ruolo del seguace è di sostenere il leader e di onorarne gli opprimenti bisogni con attenzione, riconoscimenti e servizio. I seguaci debbono agire in tal senso sia perché i loro bisogni sono meno urgenti, per cui possono far loro fronte senza troppi fastidi, sia, anche, perché sono privi di quella volontà che li porrebbe in grado di erigere un sistema d'assicurazione così mammuttesco. Cioè a dire, i loro bisogni sono stati precedentemente soddisfatti da parecchie persone, ovvero, non sono mai stati soddisfatti da nessuno, per cui non hanno più alcuna fiducia che una tale gratificazione potrà mai per loro avverarsi. Ciò solleva un quesito che parecchi lettori possono essersi posto: se madri dominanti e padri insignificanti creano grandi acquisitori, come mai i ghetti urbani non hanno generato dei Carnegie, degli Edison, o altri, di razza negra? Perché mai i negri di famiglia povera con padri assenti non dovrebbero diventare individui a gradiente ripido? La risposta è complessa. Per prima cosa, è semplicemente impossibile, malgrado il loro desiderio, che la maggioranza delle madri in condizioni di estrema miseria forniscano sufficiente gratificazione perché affiori una struttura a gradiente ripido. L'allevamento del bambino tende a diventare una faccenda di lotta libera: il bambino è, ora, un essere da amarsi teneramente, ora, invece, un fardello oppressivo. Inoltre, egli deve essere spesso, di necessità, spartito. Ciò vale per tutti i gruppi estremamente poveri. Sono, dopo tutto, assai pochi alla volta a darsi da fare per sollevarsi dalla loro classe sociale. Sono, altresì, assai poche fra i poveri, le madri ambiziose che hanno la possibilità di concentrare la loro attenzione su di un bambino entro quei limiti che consentono, come condizione, alte gratificazioni. Fame e pericolo sono altamente corrosivi per una concentrazione del genere. Secondo, alcuni fra gli individui a gradiente ripido sono semplicemente tanto oppressi dai bisogni materni, da non essere assolutamente in grado di funzionare. McClelland osserva come, pur essendo i padri generalmente insignificanti per la vita dei grandi realizzatori, essi, però, sono di solito in circolazione durante i primissimi anni; abbastanza a lungo, cioè, per fornire all'interno dell'ambiente familiare un certo tipo di equilibrio, fino a quando il bambino non è abbastanza grande da assorbire il sovraccarico materno. McClelland nota, altresì, come la maggioranza degli alti acquisitori trovi un certo tipo di sostituto maschio che serve loro da modello. In assenza di una forma stabilizzatrice del genere, i maschi a gradiente ripido sviluppano soltanto quel tipo di narcisismo impulsivo, grandioso e permaloso che caratterizza la maggior parte delle società guerriere. Infine, è necessario riconoscere che le nostre nozioni di ciò che determina l'«alto acquisitore» sono notevolmente circoscritte alla classe. In termini di acquisizione, non esiste qualitativamente alcuna differenza fra un barone ladro del diciannovesimo secolo e uno spacciatore all'ingrosso di eroina del ventesimo. Certi tipi di sfruttamento sono legittimati dallo stato, invece altri, no. Spesso, poi, il successo nel mondo sotterraneo richiede maggiore capacità, destrezza, acume affaristico e genio amministrativo dell'attività legittima, per cui molti alti acquisitori del ghetto muoiono sconosciuti e irriconosciuti.

Donne, mobilità e acquisizione

Finora ho parlato della mobilità e dell'acquisizione come se fossero cose che interessano soltanto l'uomo. Ho parlato di madri e figli, ma non ho menzionato nulla circa padri e figlie. Comunque, ciò che è stato detto può contribuire a spiegare perché le donne hanno avuto un ruolo cosi secondario nelle culture dei trascorsi tre millenni e perché lo avranno così primario in quelli a venire. Nelle società patriarcali, le donne acquisiscono mobilità sociale soltanto attraverso gli uomini. Per ottenere un buon profitto, esse possono utilizzare sia la loro sessualità - sposando, cioè, qualcuno di classe più elevata o diventando cortigiane di successo - sia elevandosi attraverso i figli. Il che significa che hanno la possibilità di prostituire o sé stesse o la loro progenie. Esistono, ovviamente, eccezioni - donne, cioè, che hanno superato una massiccia resistenza culturale onde acquisire fama in un qualche campo. Pur essendo difficile accedere a dati sistematici, la mia impressione è che, come per gli uomini, anche per le donne l'elevato impulso acquisitivo sia spesso associato ad un forte attaccamento al genitore di sesso opposto. Tuttavia, è raro che un padre sia, per qualsiasi figlio, fonte prima di nutritività, quella più intensa e più attendibile. Ciò significa che, per le donne, la fonte principale di gratificazione e l'oggetto di fantasia edipica non sono le uniche e le stesse. Questa esperienza determina una differenza profonda fra le strutture psichiche degli uomini e quelle delle donne - differenza che, ritengo, ha conseguenze di gran lunga più forti di quelle anatomiche o di ruolo copulatorio. Entrambi i sessi cominciano la loro vita con lo stesso gratificatore primario: la madre. Però, quando raggiungono l'«età edipica» dai tre ai sei anni, il maschietto parla di sposare, quando sarà grande, la Madre, mentre la figlia parla di sposare il Padre - lui, cioè, moltiplica il proprio attaccamento, mentre lei lo divide. Pertanto, il ragazzo altamente edipico possiede un gradiente di piacere assai più ripido della ragazza altamente edipica. La difficoltà che trovano molte donne creative nel «riunire» -cioè, nel tradurre la loro capacità in una carriera coerente - non può essere soltanto funzione del pesante condizionamento culturale negativo riguardo l'acquisizione ricevuta. Può anche essere debitrice al fatto che il loro gradiente più piatto di piacere non consente un così massiccio investimento in qualche gratificatore simbolico finale. I maschi grandi acquisitori non hanno conflitti, perché, nella famiglia d'origine, nulla li suscita: II padre viene rifiutato e accantonato, la madre è tutto. La madre, invece, è più difficile da rifiutarsi e da accantonarsi. Dacché i padri sono caratteristicamente meno importante per la cura del figlio in genere, la ragazza che effettui un massiccio investimento edipico si accolla un brutto rischio, trovandosi a perdere più di quanto guadagna. Quando si imbarcano per il viaggio edipico, i ragazzi rischiano di gran lunga meno. Ciò non significa che la differenza agisca soltanto nel senso di rendere più facile la vita ai maschi. Soltanto che i loro compiti emotivi sono di tipo differente. Durante questa fase edipica, le ragazzine debbono compiere un diverso salto di fede - debbono, cioè, spartire il loro affetto più profondo per agganciarne una porzione ad un oggetto relativamente effimero. I maschietti, d'altro canto debbono, invece, spartire soltanto sé stessi - debbono, cioè, abbandonare in qualche modo il loro attaccamento dipendente dalla madre, pur, contemporaneamente, conservandola come oggetto di fantasia edipica. Questa, forse, è l'origine della tendenza maschile a compartimentalizzare la sessualità - ad essere maggiormente disposti a spogliarla di significati amorosi e affettuosi. I ragazzi vengono assai precocemente addestrati a respingere e a sopprimere il nucleo del loro essere emotivo ed interpersonale - all'inizio, il loro bisogno di cure materne. Di conseguenza, essi diventano esperti nel filtraggio dei sentimenti - nel concedere a sé stessi un'espressione sentimentale, pur bloccando le altre che sono normalmente associate ad essa. Essi hanno il difficile compito di modificare il loro rapporto con la madre, pur conservando l'attaccamento primario ad essa. Perdono, pertanto, ciò che le bambine sono in grado di conservare: il sentimento di continuità - la capacità, cioè, di accettare e serbare le memorie idilliache della dipendenza infantile. Spesso, il rapporto madre-figlia può essere, sì, pieno di tensione e di competizione, soprattutto durante l'adolescenza, però, nelle società patriarcali stabili, esso tende ad essere, in media, il più stretto, il più intimo e il meno conflittuale delle quattro coppie genitore-figlio. Queste differenze precoci d'esperienza, quindi, suggeriscono che, mentre le donne avranno la tendenza ad essere capaci ad assumersi rischi emotivi ed interpersonali, gli uomini avranno la tendenza ad essere capaci ad esercitare il controllo emotivo ed interpersonale. Gli uomini saranno meno disposti alla vulnerabilità, al coinvolgimento al rischio e all'impegno nei rapporti, a rimanere lesionati, a consentire che tutto sporga all'esterno. Esigeranno anche maggiore sicurezza nei loro rapporti eterosessuali, desiderando partners docili, affettuose, devote, fedeli e non provocatorie. Le donne, d'altro canto, saranno maggiormente disposte a vivere pericolosamente le loro relazioni più profonde e maggiormente in grado di investire il proprio amore in partners distanti, freddi e incostanti. Questa capacità viene precocemente appresa: come fa notare Ashiey Montagne, i padri forniscono ai figli meno esperienze tattili gratificanti e rassicuratene di quanto facciano le madri. Tali differenze dovrebbero diminuire rapidamente nei prossimi quindici anni, come risposta ai cambiamenti rivoluzionari gradualmente determinati dai movimenti femministi. È importante, però, che i cambiamenti siano introdotti in ogni punto del sistema - processo necessario, questo, se si vuole che si determini un cambiamento concreto. Le madri vengono incoraggiate a deintensificare le loro attività nell'allevamento dei figli, i padri ad aumentare le proprie, le donne ad assumere più libertà sessuale e più auto-affermazione, gli uomini ad essere meno vulnerabili ed emotivamente disinibiti, e i genitori a trattare i figli in maniera meno differenziata dal sesso. La maggiore enfasi, da parte degli uomini, sulla compartimentalizzazione emotiva contribuisce fortemente alla loro capacità, nelle attività rivolte al compito, ad escludere da considerazione diretta i sentimenti e, conseguentemente, alla loro tendenza a creare ambienti inumani simili alla macchina. Ciò concorda anche con l'idea di Davide Bakan circa l'importanza relativa di ciò che egli chiama «rappresentanza» e «comunione» negli uomini e nelle donne. Bakan utilizza il termine rappresentanza per descrivere la tendenza dell'organismo a conservare la propria esistenza separata, comunione per riferirsi alla sua partecipazione in qualche organismo più ampio. Separazione, auto-corazzamento, esagerazione, dominio e repressione sono aspetti della rappresentanza, unione, apertura, cooperazione ed espressione sono aspetti di comunione. Bakan arguisce che la rappresentanza è più pronunciata negli uomini, la comunione, nelle donne. Malauguratamente, egli sembra presumere che questa differenza sia biologica sulla base di alcuni studi psicologici sempliciotti che dimostrano, in modo imbarazzante, come le bambinepreferiscano le bambole, mentre i maschietti preferiscono gli autocarri, e così via - in altre parole, che il ruolo di sesso ha avuto successo.Considerare queste differenze come biologiche è un po' come dire che le persone che vivono in montagna hanno un gene che le rende buoni arrampicatori, o che gli abitanti della costa sono biologicamente attratti dalle barche, o che i popoli civili sono costituzionalmente attratti dalle orniture idrauliche. Perfino quegli stessi psicologi che, attraverso diligenti ricerche, scoprono come uomini e donne abbiano interessi differenti, per cui prestano particolare attenzione all'acquisto di giochi differenti per il figlio maschio o per la figlia femmina, dimostrano ansia palese quando vengono scelti quelli «sbagliati». Negli uomini, la tendenza alla rappresentanza è funzione del gradiente ripido di piacere: nel maschio, separazione e distacco sono resi possibili dall'abilità ad investire in oggetti simbolici piuttosto che in oggetti reali. Analogamente, la maggiore «dipendenza dal campo» delle donne rispecchia la loro maggiore immersione nella danza della vita, oltre che il bisogno degli uomini di mantenere la consistenza interna a fronte della dipendenza emotiva da un'unica fonte di gratificazione. Generalmente, l'indipendenza dal campo viene considerata con implicita ammirazione e, senz'altro, ha anche i suoi vantaggi, però facilita ampiamente la rispondenza meccanica. Lo stesso dicasi dei più rigidi meccanismi omeostatici trovati negli uomini - cioè, della loro minore rispondenza fisiologica agli effetti ambientali. Bakan avanza l'ipotesi che «nella femmina, esista maggiore armonia fra corpo e ambiente e minore necessità di agire sull'ambiente». Bakan annette molta importanza alla maggiore rispondenza sociale delle donne e alla loro maggiore connessione, e nei possiamo, altresì, ricordare l'osservazione di Toffler secondo cui le donne sono più riluttanti degli uomini a liberarsi dei rapporti dopo uno spostamento. Le persone a gradiente più piatto sviluppano le loro reti relazionali in maniera empirica, vivendo nel presente. Alla fine, esse si ritrovano in un sistema equilibrato, con una molteplicità di amici, parenti ed amanti, ognuno dei quali fornisce un certo tipo di soddisfazioni emotive differenziate. Esse sono radicate nella realtà. Coloro, invece, che possiedono gradienti più ripidi collegano la maggior parte della loro vita emotiva ai simboli della Gratificante. Quando questo simbolo compare nel loro campo visivo, essi sono spesso desiderosi di liberarsi dell'intera rete relazionale a favore di questa illusione. Emovitamente, quindi, con tutta la sua programmazione, la sua schematizzazione, il suo ingegnarsi e i suoi obiettivi a lunga scadenza, la persona a gradiente più ripido si basa assai meno sulla realtà. Essa può, sì, intensamente investire in un rapporto, ma soltanto nei limiti in cui essa, per lei, simbolizza l'Unica, o può essere sfruttata a servizio dei suoi obiettivi edipici. Quando ciò cessa di essere vero, la persona può ritirarsi da essa come se non fosse mai esistita.Se è vero che le donne tendono ad avere gradienti di piacere più piatti degli uomini, l'impatto del movimento femminista sulla cultura occidentale sarà profondo. Entro certi limiti, le donne si trovano in stato di oppressione in tutte le società civili. Però, la cultura occidentale si fonda sull'oppressione delle donne e dei valori ad esse connessi: totalità, continuità, comunione, umanità, sentimenti, corpo, connessione, armonia. Spesso, nelle culture orientali, le donne sono state ancora più impotenti e coartate, però, alla loro sfera, è stato assegnato un valore più elevato - sono state cioè considerate come se avessero avuto un ruolo più centrale nella cerchia di base della vita. In Occidente, il movimento femminista è sorto quando la significatività sociale delle donne nella cultura raggiunse il punto più basso della storia - quando le donne furono escluse dalle professioni pregiate, isolate l'una dall'altra, di frequente sradicate dai loro mobili consorti, mentre i loro compiti domestici venivano ridotti dalla tecnologia a pure banalità. Questo processo, a causa del quale l'intensificarsi di una certa forma sociale conduce direttamente al suo opposto, io lo chiamo "eversione sociale". In un capitolo successivo, lo incontreremo ancora.

Due rotte verso il cambiamento sociale

Due possono essere le rotte da seguirsi nel movimento da una classe più bassa ad una più alta. Ci si può muovere individualmente, dissociandosi dai pari e facendo il proprio ingresso nella classe superiore come individui, oppure si può cambiare lo status del gruppo o della classe intera. La prima viene variamente chiamata, a seconda del punto di vista, mobilità sociale, arrampicamento sociale, ovvero miglioramento. La seconda è chiamata, in rapporto alle circostanze in cui si verifica, lotta di classe, rivoluzione o evoluzione sociale. La prima, per utilizzare il vocabolo di Bakan, è un'espressione della rappresentanza, dacché accresce la separazione, il distacco e l'atomizzazione - il parvenu non è integrato ne' col vecchio gruppo, ne' con quello nuovo. La seconda è un'espressione di comunione, in quanto cerca di determinare il collasso delle barriere sociali. La prima, nei suoi effetti, appare meno violenta, dacché non turba immediatamente il traliccio sociale; tuttavia, a lunga scadenza, la dissoluzione delle connessioni da essa determinata ha l'effetto di produrre instabilità e caos sociale. Per converso, il secondo metodo è, inizialmente, più convulso, ma lo sconvolgimento che produce crea, a lunga scadenza, stabilità sociale. Quella che chiamiamo riforma liberale ha, generalmente, portato al risultato di facilitare il primo, ovvero il metodo individualistico. In precedenza, ho osservato come le critiche sociali degli anni cinquanta, nel loro attacco ai rimasugli di rispondenza sociale un po' deteriorati lasciati nella nostra società, abbiano non poco contribuito alla dissoluzione della connessione e all'ulteriore sviluppo del comportamento meccanico. È evidente il loro favoreggiamento della mobilità individualistica - del deviante eroico che emerge sopra i suoi pari. Ciò che, invece, definiamo radicale, comporta, in genere, un tentativo per determinare la seconda, ovvero la modalità di cambiamento collettivo.Nei limiti in cui sono disposti a tollerare un qualsiasi movimento, è caratteristico di coloro che si trovano nella classe elevata di elogiare la rotta individualistica. Essi sottolineano il valore dell'elevarsi, in genere attraverso istruzione, auto-alienazione emotiva e contesa aggressiva, al di sopra della massa. In questo, essi stanno puramente enunciando la dinamica oppressore-oppresso: soltanto il forte e lo scaltro sono in grado di «proteggere» l'oppresso. Alimentare questo punto di vista è anche caratteristico dei primi portavoce degli oppressi - di considerare, cioè, il loro ruolo meramente come quello di ampliare l'imbuto attraverso il quale i loro seguaci hanno la possibilità di passare individualmente nei ranghi degli oppressori. Essi incitavano gli oppressi ad auto-migliorare e si sforzavano a convincere gli oppressori che i vantaggi del nuovo sangue energetico superava, in valore, quelli di una confortevole solidarietà. Col diventare i gruppi oppressi politicamente più raffinati, essi sono portati a respingere sempre più sia questo punto di vista, sia i leaders che lo rappresentano. Cercano di sollevarsi come gruppo piuttosto che individualmente. Invece di esigere uguaglianza - cioè, un'occasione per vivere secondo i valori della classe opprimente - cominciano ad affermare la validità dei propri. Ad esempio, i primi gruppi femministi enfatizzavano il diritto di voto e l'eguale salario e, pure oggi, sembra che alcuni gruppi siano ampiamente interessati a che le donne appartenenti alla classe media sviluppino lo stesso tipo di mentalità carrieristica che già affligge gli uomini della stessa classe. Il passaggio dalla rotta individuale a quella collettiva si è espresso in una rivalutazione della divisione del lavoro per sesso e in un attacco all'enfasi maschile sulla rappresentanza. In pratica, la differenza è assai sottile, dacché, negli uomini, la riduzione della rappresentanza ha bisogno di un incremento della stessa nelle donne, tale che un profano potrebbe trovare difficile distinguere dall'enfasi sui diritti all'eguaglianza del passato. Tuttavia, l'obiettivo è del tutto differente. Le donne si trovano nella posizione di dare a qualsiasi attività una pienezza di cui gli uomini sono del tutto incapaci, in quanto le specializzazioni impositive degli uomini vengono raggiunte attraverso una grave alterazione emotiva. Se seguono lo stesso sentiero degli uomini, le donne si uniranno meramente ai ranghi degli oppressori. Non possono però evitare le specialità degli uomini poiché ciò le renderebbe dipendenti da essi e prolungherebbe l'oppressione e la specializzazione. Ecco perché attività quali le lezioni di karaté per donne sono ben lungi dall'essere banali come sembrano: nulla alimenta tanto bene l'oppressione come la profonda convinzione interna degli oppressi di essere incapaci di proteggersi.Quindi, la differenza è interna. Le donne non possono, ne dovrebbero, evitare di diventare, ad esempio, medici, però c'è il pericolo che, nell'accettazione dei riti iniziatici caratteristici sviluppati dagli uomini per tale professione, perciò stesso, diventino il tipico medico caratteristicamente rappresentato dalla maggioranza degli uomini, e che la medicina continui ad essere quella spaventosa deformità resa tale dagli uomini Ecco perché è tanto importante per i movimenti di liberazione il sorgere della consapevolezza - infatti, il sentiero lungo il quale deve camminare l'oppresso è circondato da migliala di trabocchetti. Una tecnica importante è di valutare quanto sia edipica la propria motivazione. Dacché, per entrambi i sessi, il carrierismo tende ad avere significati edipici, l'ambizione di una donna può essere ampiamente un rifiuto edipico della madre - in altre parole, una rotta individualistica. Il grado in cui essa impegna sé stessa al destino di tutte le donne è indice del grado in cui ha mantenuto un attaccamento equilibrato con entrambi i genitori. Lo stesso, ovviamente, si applica agli uomini - gli acquisitori isolati sono coloro che respingono del tutto il padre, per cui le loro acquisizioni risultante corrispondentemente unilaterali e inumane. La pienezza di una persona ha bisogno dell'accettazione della propria identità con tutte le cose viventi - il mettere alla porta o spersonalizzare qualcuno significa respongere una parte di sé e disumanizzare l'ambiente.

Edipo contrapposto a Peter Pan

Abbiamo iniziato questo capitolo considerando la famiglia sistema prototipico di classe. Vorrei terminarlo considerando, ancora una volta, la gioventù come classe subordinata. In America, la controcultura è stata dichiarata morta proprio da coloro che ritenevano di averla inventata,però, di nuovo, non dobbiamo lasciarci distrarre da entusiasmi da media. La maggior parte di coloro che hanno parlato di controcultura l'hanno fatto in maniera tale da evidenziare come la considerassero una contro società, cosa che, ovviamente, non era mai stata. Le manifestazioni turbolente sono defunte, ma i valori da esse drammatizzati continuano, nella nostra cultura, indolentemente, a diffondersi. In America, la "motivazione edipica è in declino, malgrado siano ancora presenti molte condizioni che l'alimentarono. Quelli che ancora ne sono dotati, talvolta, accusano quelli che ne sono privi di non crescere, per cui, se consideriamo la famiglia un sistema di classe, la verità di questa accusa diventa evidente. Non crescere è una secessione culturale. La cultura edipica sta morendo perché la gente manifesta minore interesse ad unirsi alla propria classe dominante. Ciò suggerisce una modifica alla mia affermazione riguardante la rotta collettiva del cambiamento di status: le classi oppresse non si muovono tipicamente come gruppo nell'ambito della classe dominante, in situazione rivoluzionaria; essi costituiscono una nuova classe dominante, parallela a quella vecchia atrofizzante, e in sostituzione ad essa. Come classe dominante, gli adulti di una società sono in una ituazione tale da poter definire che cosa significhi essere adulto e che cosa significhi essere bambino. Ecco perché il vocabolo « maturo » è sempre stato un randello, quale esso è, nelle mani degli adulti. Eppure, questo potere definitorio è notevolmente più debole di prima, mentre la definizione di sé, da parte della gioventù come classe, è diventata più forte. Questa non è certamente stata una questione di coscienza politica. In effetti, è stata la crescita isolata della famiglia edipica a determinare le condizioni che hanno portato alla sua destituzione - buon esempio, questo, di eversione sociale. Entrambi i processi sono iniziati precocemente: come le singole famiglie sono diventate più autonome, così i figli sono diventati più isolati dalla comunità degli adulti. Philippe Ariès arguisce che, nel medioevo, i figli venivano trattati semplicemente come adulti incompleti. Non venivano abbigliati in maniera differente dagli adulti, ne erano oggetti di particolare attenzione. Col Rinascimento, e sempre più nei secoli sedicesimo e diciassettesimo, si cominciò a dimostrare interesse alle caratteristiche particolari della vita infantile. I bambini vennero vestiti con abiti speciali (il primo abito da bambino fu semplicemente quello che tutti avevano portato un secolo prima) ed i giochi, originariamente fatti per divertire grandi e piccini, cominciarono ad essere soltanto definiti come passatempo da bambini - così, come lo sono tutt'oggi. Nello stesso tempo, cominciò a farsi strada l'idea che i bambini fossero innocenti e dovessero essere protetti dalla sessualità, dando l'avvio ad un particolare interesse per lo sviluppo sano e morale del bambino. Le scuole divennero istituzioni soprattutto progettate per i bambini, che vennero sempre più segregati dagli adulti e raggruppati per età. La disciplina fu gradualmente estesa sia ad abbracciare la vita intera del bambino, sia per escluderlo dalla libertà degli adulti. Ma, mentre i bambini venivano isolati dalla corruzione della vita adulta ed immersi nella propria, la famiglia, contemporaneamente, si isolava dalla comunità per diventare unità autonoma. L'idea della privatezza si evolvette nel diciottesimo secolo - non fu più possibile chiamare la gente senza preavviso e le case elaborarono ambienti con funzioni specializzate, per cui era più facile arginare la società. « Fino alla fine del diciassettesimo secolo, » osserva Ariès, « nessuno veniva mai lasciato solo. » Invece, adesso, le persone cominciarono a disporre di camere private e la famiglia ad assottigliarsi tanto da comprendere solo genitori e figli. Il diciottesimo secolo fu anche l'era in cui i bambini cominciarono ad essere costretti a dormire da soli, ad essere precocemente svezzati ed addestrati alla toeletta ed, altrimenti, soggetti a quel tipo di disciplina che venne dato per buono a partire dal 1900. Insomma, i bambini, stando ad Ariès, vennero posti, da parte della famiglia e della scuola, « in quarantena » dalla vita adulta, per cui fu possibile modellarli con una linea di condotta cosciente. La miniaturizzazione della famiglia e la « messa in quarantena » dei bambini hanno subìto entrambe un progresso ulteriore nel diciottesimo secolo. Per cui, mentre i bambini venivano sempre più esposti all'assalto psichico ultrapotente della piccola famiglia edipica, erano, contemporaneamente, sempre più protetti dalla realtà della vita adulta ed immersi nelle loro culture strettamente graduate per età. Ciò ha significato che i bambini edipici allevati da famiglie moderne di classe media avrebbero sempre più potuto evitare di procedere verso la classe adulta, pur potendo, invece, rimanere in un mondo fatto da loro. Sollevandoli dalla necessità di diventare adulti edipici, essi poterono, quindi essere bambini edipici. Arriès fa notare svariate volte l'identità sociale fra bambini e ordini sociali più bassi. Quando ad essi venne fatto indossare un abito distintivo, questo fu soltanto di tipo arcaico, ma fu anche quello che veniva indossato dalle classi inferiori. Quando alcuni giochi vennero lasciati ai bambini, questi vennero relegati anche alla gente di campagna. Come i bambini vennero culturalmente separati dai loro anziani, il ricco venne culturalmente separato dal povero. In entrambi i casi, « la coscienza di classe » ha creato cambiamenti culturali i cui effetti stanno cominciando ad essere percepiti soltanto adesso.