Devianza e arginamento
II metodo più importante con cui le società immagazzinano
l'informazione che non si armonizza con i temi culturali dominanti è
attraverso la gestione di quello che i sociologhi chiamano «comportamento
deviante». Quel comportamento, cioè, disapprovato, schernito
e, di solito, punito dalla comunità o dai suoi rappresentanti.
I sociologhi si tormentano molto riguardo il comportamento deviante
e il suo controllo, e parecchia della loro perplessità deriva
dal fatto curioso che, quando l'intera focalizzazione delle energie
di una comunità sembra rivolta al totale sradicamento di una
porzione di esso, questo, nondimeno, fa di tutto per persistere. Come
possiamo spiegarci l'impotenza della società in simili casi?
È come se nei sistemi sociali esistesse un certo tipo di ambivalenza
che impedisse all'attacco alla devianza di raggiungere le sue logiche
conclusioni. Michel Foucault, ad esempio, descrive come i pazzi del
quindicesimo secolo spesso venissero messi in mano a marinai che li
portavano in città lontane, dove venivano raccolti in gran numero
per essere, il più delle volte, imprigionati. Quantunque questa
gente venisse ovunque considerata una minaccia, pure ci si dava gran
pena per il suo trasporto, l'alloggio e il nutrimento. Noi certamente
non possiamo arguire che la consacrazione ai valori umani e al sentimentalismo
trattenesse la gente di città dall'eliminarli; in effetti, gli
uomini di quel tempo, esattamente come quelli di adesso, erano totalmente
disposti ad uccidere il prossimo per una differenza d'opinione o per
una manciata di soldi. Eppure, in questo caso, sembravano essere preda
di qualche esitazione, di un qualche dubbio profondamente radicato.
Si può obiettare che i pazzi, per tradizione, hanno avuto una
sacra aureola che forniva loro una certa immunità. Questo è
vero e serve come esempio per la tesi qui avanzata. Comunque, questi
pazzi non erano considerati pseudo-sciamani e non veniva loro concesso
di vagare liberamente per la comunità: erano considerati un pericolo
e soggetti ad esilio e isolamento. Però, venivano mantenuti in
vita. È come se la gente di città avesse il dubbio di
poter perdere qualche risorsa potenziale, qualora li avesse distrutti
totalmente. Un'ambivalenza e un dubbio del genere sono osservabili in
parecchi ambienti. Sono rimasto spesso impressionato per l'energia che,
talvolta, piccoli gruppi dedicano al tentativo di provvedere ad individui
importuni, disponendosi perfino a rimanere completamente paralizzati
piuttosto di perdere un solo membro turbolento. In uno studio sperimentale
sui gruppi, i ricercatori trovarono che, sebbene il membro deviante
sia generalmente avversato, «sarebbe del tutto infelice presumere
che questi venga isolato o ripudiato dal gruppo: un accurato sociogramma
rivelerebbe l'individuo deviante circondato da preferenze sociometriche
congiungentisi, come se fosse protetto dalla struttura del gruppo».Spesso,
a livello di comunità, il comportamento deviante viene sia espresso,
sia neutralizzato in relativo riserbo, come se i rappresentanti della
società assumessero, non già che la palese devianza possa
alleare la comunità in una solidarietà oltraggiata, come
hanno suggerito alcuni sociologhi, ma che essa potrebbe contaminarli
e infettarli. In tali casi, sembra acconcio dire che le società
rispondono alla devianza come se desiderassero isolarla, minimizzarla,
porla in quarantena, ma proteggerla: in altre parole, arginarla. Questa
ambivalenza, questa esitazione a distruggere la tendenza deviante è,
alla base, proprio ciò che appare essere : il dubbio, cioè,
che il comportamento riprovevole o schernito non possa rivelarsi, in
un certo futuro, incarnazione di una risorsa segreta, sì, ma
apprezzabile, di una data specie. L' «arginamento» della
devianza è un'ulteriore barriera contro il cambiamento sociale.
La tendenza deviante arginata è simile ad un canovaccio d'opera,
o all'archivio di un museo, o a uno zoo. In essa sono contenuti i semi
di una futura ortodossia potenziale per quanto poca, ma sempre
un po'. Questo non significa implicare l'esistenza nei sistemi sociali
di una certa saggezza profonda che oculatamente riconosce le ambiguità
del futuro al di sotto delle certezza spurie del presente. Le società
sono automi ciechi e privi di intelligenza che inciampano sempre nella
distruzione e nella decadenza. Il meccanismo di arginamento è
tanto crudele e inefficiente quanto, a livello, biologico, la mutazione.
In entrambi i casi viene mantenuta una variazione casuale, al caro prezzo
di preferire un sistema più perfetto dal quale non ci sia scappatoia.
Un adattamento perfetto produce per lo più una certa obsolescenza.
Qualsiasi meccanismo auto-conservantesi deve disporre, incorporato in
sé, di un certo quantitativo di errore. Secondo quanto disse,
tanto tempo fa', Lewis Mummford, soltanto i sistemi imperfetti, pieni
di autocontraddizioni, hanno la capacità di sopravvivere. Il
motivo per cui le società, oggi, tendono ad arginare la devianza
piuttosto che a cancellarla, è che queste società sono
le superstiti. I sistemi sociali sopravvissuti sono come gazze ladre
e topi delle Montagne Rocciose. Essi hanno soffitte colme di temi, di
valori e di schemi alternativi di comportamento che non svolgono più
alcun ruolo attivo nella società. Questi sono conservati non
soltanto nel mito, nel rituale e nel folklore, ma anche nelle zone subculturali
e nei ruoli individuali stilizzati. Che attinenza ha un Gesù
Cristo, o un Billy the Kid, o un Achille in una moderna società
industriale come la nostra? Di che utilità è un eremita
in una comunità gregaria, un travestito in una tribù guerriera?
Che valore hanno i pazzi? Foucault avanza l'ipotesi che l'invenzione
dell'ospedale mentale ha avuto la funzione di conservare in riserve
nascoste il fantastico, di mantenere vive, durante l'età classica,
immagini sepolte che potessero essere «trasmesse intatte dal sedicesimo
al diciannovesimo secolo». La follia comporta una dissoluzione
di strutture e confini. Il pazzo vive fuori dell'ossatura strutturale
imposta dalla società. Esso va alla deriva in un mare turbolento
e scatenato. Ma il mare stesso è una riserva, contenendo tutti
gli elementi con i quali è possibile costruire un sistema sociale.
Se il pazzo è fuori contatto con l'edificio, esso è caratteristicamente
in contatto con i suoi componenti. Come tale è tanto da temersi
quanto da tesaurizzarsi. Egli ne sa di meno e di più degli altri.
La fiaccola della cultura non tende a restare per troppo tempo nelle
stesse mani; coloro che sono impegnati negli schemi esistenti tendono
ad essere baipassati dal meno «acculturato» che balza come
una rana in una nuova età d'oro. Ogni tedoforo si immagina che
il suo rozzo e incolto vicino possa acquisire grazia soltanto attraversando
un sentiero imitativo, ma resta sempre assai sorpreso nel trovarsi sorpassato
in una direzione da
lui mai presa nemmeno in considerazione. Come potrebbe una nazione di
borghesi sorpassarne una di nobili guerrieri, se non diventando nobile
e guerriera? Come potrebbe l'Africa sorpassare le nazioni occidentali,
se non occidentalizzandosi? Come possono i negri americani ascendere
verso qualche cosa, se non diventando simili a bianchi della classe
media? Tuttavia, le lezioni di storia suggeriscono che non è
diventando come il gruppo dominante che si verifìcano i progressi
culturali. I liberali bianchi erano soliti credere che lo stereotipo
del negro caldo e rozzo che canta e balla, che vive nel presente,
che gioisce al massimo dei piaceri corporali non avesse alcun
fondamento comportamentale o che fosse un infelice adattamento compensatorio
a secoli di schiavitù e di oppressione. Mi piacerebbe avanzare
l'ipotesi che questa configurazione comportamentale chiamiamola
schema del cocomero non sia stata tanto un adattamento all'oppressione
(quantunque, senza dubbio, entro certi limiti lo sia stata), quanto,
piuttosto, che l'oppressione sia stata un adattamento inconscio allo
schema del cocomero. Una volta che la base economica per l'oppressione
dei negri sfumò, questi, in parte, furono oppressi per arginare
lo schema del cocomero: per isolarlo, porlo in quarantena, svilirlo,
scoraggiarlo e mantenerlo in vita. Pur essendo proibito ai negri di
raccogliere i frutti dell'Etica Protestante, essi vennero altresì
protetti dalla sua infezione e dal suo marciume interno. Lo schema del
cocomero era un biglietto di ritorno nel caso l'Etic Protestante risultasse
un raggiro, e adesso che l'era industriale sta per assumere la sua posizione
esterna di momento orribile e aberrante della storia umana, il biglietto
è riscattabile. In periodi di cambiamento, chi è più
integro, meno deformato dalle consuetudini elaborate e dalla degradazione
dell'impulso, si trova nella posizione migliore per innovare creativamente.
Durante il trascorso decennio, negri, indiani e donne, tutti si sono
impegnati a trasportare fuori dal basamento della nostra cultura tesori
trascurati, nel tentativo di rivitalizzare una società sclerotica.
I negri sono stati i primi a riconoscere questa missione. Essi sono
stati pionieri intellettuali indicando agli altri gruppi oppressi
il funzionamento dell'oppressione e come trascenderlo. L'affermazione
«il Negro è bello» è stata una profonda invenzione
culturale, come evidenziato dalla rapidità con cui essa si è
diffusa ad altri gruppi oppressi. Ciò nonostante, l'acquisizione
del rispetto di sé quando si è membri di una minoranza
disprezzata risulta virtualmente impossibile, come creare qualche cosa
dal nulla. Durante il primo movimento per i diritti civili, un punto
d'appoggio significativo apparve quando i liberali bianchi andarono
al sud pieni di condiscenza e finirono per dimostrare una certa invidia
e ammirazione per la cultura nera.
Il razzismo è come un incantesimo magico: esso deve essere perfettamente
mantenuto se vuole ottenere l'adeguato effetto demoralizzante su colui
che lo recepisce. Una sola falla e l'incantesimo si rompe. Lo specchio
della realtà sostituisce lo specchio incantato e la bella addormentata
si risveglia dal suo sogno di odio di sé. A prescindere da quanto
energicamente si tenti, è impossbile conservare il rispetto di
sé in assenza di una qualsiasi validazione esterna. Però,
è bastato un piccolissimo frammento di tale validazione e i negri
si sono rapidamente costruiti per proprio conto una forte ideologia
di reciproco rispetto e di affermazione culturale. L'esperienza negra
apri gli occhi ad altri gruppi sottoposti a continuo arginamento: donne,
Amerindi, Chicanos, prigionieri, pazienti mentali,
studenti universitari. Ad eccezione di uno, questi gruppi avevano esperimentato
tutti l'arginamento in senso realmente fisico, essendo stati racchiusi
in ghetti, riserve o istituzioni. Questa clausura ha una doppia funzione:
nel momento, la cultura deviante non è in grado di infettare
quella dominante che prevale, però, contemporaneamente, non può
essere ingolfata o distrutta da essa. Oppressione e isolamento la conservano
debole, circoscritta e intatta. Conseguentemente, l'istante in cui il
gruppo oppresso erompe fuori dal proprio isolamento è questione
di assai delicata tempizzazione: fiorirà il seme culturale protetto
in isolamento in mezzo al marciume della vecchia cultura dominante,
oppure la cultura dominante (per mescolare un po' le metafore) lo soffocherà
con anticorpi? Molti di quei dibattiti politici senza fine che vengono
fatti nei gruppi oppressi, si aggirano intorno a questo difficile problema.
Entro certi limiti, si può dire che, se la cultura dominante
non è ammalata, sclerotica, decadente, il problema non sorge:
l'arginamento avrà successo, non importa come. Una vigorosa oppressione
che si basi su di una convinzione morale illusoria è un'arma
pressoché insuperabile, specialmente contro una minoranza. Ma
se l'oppressione comincia a vacillare, se l'illusione di superiorità
ed integrità inizia a sfaldarsi, la vitalità della cultura
deviante arginata spezzerà le sue catene. Ciò non significa
che l'argomento della tempizzazione sia privo di significato. Se le
culture debbono essere mescolate (il che, in definitiva, è quanto
sempre accade, anche nella
guerra e nelle rivoluzione), la tempizzazione svolge nella nuova sintesi
un ruolo maggiore o minore. Questa è l'essenza del problema del
separatismo negro. Seguire la strada dell'integrazione sarebbe stato
condannare i negri
ad un ruolo infinitesimale nella cultura sintetizzata. Proteggere volontariamente
proprio quell'arginamento che, in precedenza, era stato involontario,
era garantire che la nuova sintesi, qualora fosse avvenuta, sarebbe
stata di tipo assai più negro. Anche per le condizioni d'oppressione
esistono variazioni circa il grado in cui una cultura deviante può
essere conservata intatta. Una riserva consente più di un ghetto,
e un ghetto assai più di una prigione o di un ospedale mentale.
Le istituzioni di isolamento, come Erving Goffman ha osservato, possiedono
una loro cultura, che è essenzialmente quella del campo di concentramento:
autoritaria, burocratica, infantilizzante e sadomasochistica. Quasi
tutto ciò che viene protetto in tali istituzioni sono quelle
qualsiasi variazioni culturali che le persone avevano albergato dentro
di sé individualmente. In questo senso, sono soffitte culturali
assai meno efficienti, per cui la loro utilizzazione è indice
di minor vigore ed elasticità da parte della società che
fa massiccio affidamento su di esse. Di una società che argini
efficacemente una cultura deviante opprimendola si deve almeno riconoscere,
per quanto repellente, la sua salute e vitalità. Il regime nazista
rivelò la propria fragilità quando i campi di concentramento
cominciarono ad essere utilizzati su vasta scala ed il successivo tentativo
di annientare un'intera popolazione deviante tradì la sua totale
mancanza di vitalità e il collasso imminente. Le donne sono l'unico
gruppo oppresso d'America a non essere stato geograficamente arginato.
Dacché le donne non costituiscono una minoranza l'arginarle insieme
avrebbe significato suonare istantaneamente la campana a morto della
cultura bianca dominante. Le culture patriarcali sono rimaste sempre
impietrite di fronte a vasti ammassamenti di donne. Pertanto l'arginamento
delle donne rese necessaria la costruzione di miliardi di prigioni psichiche
individualizzate, eufemisticamente chiamate focolari domestici. Le donne
sono state soggiogate ponendole in una blanda forma di arresto domiciliare.
La frase "non è neanche capace di tenersi sua moglie a casa"
è un modo consuetudinario per mettere in ridicolo la competenza
domestica di un uomo: la virilità si basa sulla capacità
di fare il secondino. Divide et impera. Anche se tenute in segregazione,
le donne hanno condiviso una cultura derivata da certe esperienze comuni:
oppressione, esclusione dalle fonti di potere della società e
relativo non impegno al modo di pensare meccanicistico (generalmente
stigmatizzato come «intuizione femminile»). Il loro emergere
come gruppo è stato ampiamente ostacolato dall'illusione di essere
già partecipi della cultura dominante. Fra le donne, il sorgere
della coscienza ha accentuato l'unità e la consapevolezza di
compartecipare una cultura vitale estranea al compartimentalismo e all'inibizione
maschile. La probabilità che venga arginata una cultura deviante
è funzione di quanto essa contrasti con decisione la cultura
dominante. La cultura negra è diametralmente opposta all'Etica
Protestante di inibizione, frigidità e taccagneria. La cultura
femminile è antitetica a quella maschile di repressione del sentimento,
di razionalismo schizoide e di attività meccanica. La maggior
parte della cultura amerinde si oppone, in un modo o nell'altro, all'enfasi
occidentale sull'individualismo, alle parti-sui-tutti e allo sfruttamento
dell'ambiente, favorendo, invece, una visione della natura come insieme
equilibrato in cui gli umani svolgono un ruolo eguale, anziché
stellare. È mia impressione inoltre che quelle culture amerinde
più antitetiche alla nostra, quali le culture pueblo, siano state
meglio protette di quelle più simili alla nostra (quali le culture
delle pianure). Il fatto che così tante tensioni nuove e contrastanti
siano attualmente nutrite nella nostra cultura, è segno sia della
sua malattia sia della sua vitalità, proprio come un titolo elevato
di sangue rivela tanto che un organismo è ammalato, quanto che
sta rispondendo energicamente. Roma, nel suo lungo declino, mostrò
lo stesso ardente appetito di tradizioni estranee e devianti e, quantunque
ciò non rettificasse affatto il suo impegno autodistruttivo per
la massiccia ineguaglianza della ricchezza e per altre propensioni,
questa recettività ne prolungò, certamente, l'esistenza.
Lo stesso fenomeno lo si scorge ora soprattutto nell'attrattiva per
il pensiero e per le nuove religioni orientali. Se ciò porta
ad una fondamentale ristrutturazione della cultura, possiamo riuscire
assai meglio dei nostri antichi predecessori. Si ha fiducia nell'emergenza
di un pensiero ecologico in America. L'etnografia occidentale moderna
cominciò a fiorire all'inizio del ventesimo secolo, proprio mentre
culture pure non occidentali stavano svanendo dal mondo. Ciò,
in sé, tradì una vigorosa risposta da topo delle Montagne
Rocciose da parte di un certo numero di società occidentali,
però, la consapevolezza di modi disparati di considerare il mondo
fu, per molto tempo, privilegio di pochi antropologhi. Oggi, invece,
qualsiasi libreria civile del paese ha una sezione riservata a libri
di culture amerinde e di ecologia, mentre sta geometricamente aumentando
il riconoscimento del ricco retaggio culturale distrutto dagli invasori
bianchi d'America. Più importante di tutto, si ammette sempre
più che l'assorbimento di questo retaggio non è una ricreazione
esoterica, ma un passo necessario per la sopravvivenza. Prima di abbandonare
l'argomento dell'arginamento, è necessario dire una parola circa
la tecnica. Ho menzionato oppressione e isolamento ma, forse, la più
importante di tutti è la tecnica della definizione negativa,
descritta da Ronald Laing in rapporto alle dinamiche familiari. Laing
fa notare come, spesso, i genitori fissino un figlio in un ruolo familiare
deviante inviandogli due messaggi: (1) Tu dovresti essere X, ma (2)
sei Y. Egli osserva come il secondo messaggio sia, implicitamente, più
potente del primo. E' possibile far sì che un figlio si senta
colpevole dicendogli «dovresti essere maggiormente responsabile»,
ma che l'affermazione «Tu sei irresponsabile» sia irresistibile;
una velata istruzione,cioè, che reca in sé la propria
giustificazione («Tu non puoi essere diverso, perché questo
è ciò che sei»). L'intenzione conscia del genitore
è di cambiare il comportamento, ma quella inconscia è
di fissarlo in modo permanente, e questo, in effetti, è quanto
il comportamento acquisisce. Definire negativo un tratto ed insistere,
simultaneamente, che esso costituisce parte intrinseca del carattere
significa assicurarsi subordinazione della persona e persistenza del
tratto. Ciò è esattamente quanto cerca di acquisire l'arginamento,
per cui questa tecnica è parte essenziale della dinamica dell'arginamento.
«Dovresti lavorare e lottare, ma sei pigro e privo di risorse»
è stato il messaggio attraverso il quale lo schema del cocomero
veniva tanto negato quanto protetto. Nessuno dei due messaggi ha bisogno
di essere esplicitamente comunicato a parole. L'arginamento della cultura
femminile della nostra società è, entro certi limiti,
implicito. Si consideri, ad esempio, l'impatto degli atteggiamenti correnti
riguardo il tempo delle casalinghe. Laddove gli uomini, nelle loro occupazioni,
sono abituati ad attribuire un certo valore al proprio tempo e a quello
di altri uomini, si assume, generalmente, che quello delle casalinghe
non abbia alcun valore. Parecchie donne sono disposte a impiegare una
giornata intera precipitandosi da un negozio all'altro per risparmiare
quattro soldi: lavoro, questo, che offre loro assai meno dello stipendio
legale minimo. Malgrado ciò, mentre gli uomini si programmano
reciprocamente gli appuntamenti - modo questo per dimostrare l'uno all'altro
il rispetto del valore del tempo - ci si aspetta che le casalinghe operino
senza programmazione oraria. Riparatori, installatori di telefoni, fattorini,
e così via, hanno avuto buon gioco nel rifiutarsi di limitare
la propria convenienza prendendo appuntamenti programmati con le casalinghe,
dalle quali ci si attende che stiano a casa ad aspettare fino a quando
l'operaio arriva. Nulla può tradurre con maggiore efficacia la
scarsa stima in cui è tenuto il tempo delle casalinghe della
noncuranza della programmazione oraria quotidiana dei bisogni. Al più
infimo lacchè della gerarchia professionale maschile viene concessa
una superiorità temporale su ogni donna che non lavora. Il duplice
messaggio, «Tu dovresti fare qualche cosa di utile, ma sei inutile»,
non è stato certamente lanciato sulla donna non lavoratrice avvezza
a dire «Sono soltanto una casalinga». Ciò che viene
protetto da questo arginamento è un antidoto all'utilitarismo
ristretto e, in definitiva, privo di significato, del mondo maschile,
in cui viene accordato valore soltanto a ciò che è quantitativamente
misurabile. La nostra discussione sulle culture devianti pone in risalto
un pericolo, anche se piuttosto remoto. Se mai tutti i gruppi oppressi
raggiungessero la liberazione e il mondo arrivasse ad un certo tipo
di cultura unificata, non verrebbero per sempre perduti schemi culturali
vitali? Il pericolo è reale, per quanto improbabile possa apparire
attualmente. Un qualche vago presentimento di tale realtà contribuisce,
probabilmente, alla crescente preoccupazione di trovare nuove forme
di vita altrove nell'universo. Ma si dovrebbe nuovamente sottolineare
che l'arginamento dei gruppi devianti non è l'unico mezzo attraverso
il quale le società proteggono le alternative. Mito, folklore,
dramma e fantasie letterarie servono anch'esse a questa funzione. Per
la nostra società, la centralità di Charlie Chaplin nella
cultura degli anni venti e trenta costituisce un esempio di questo meccanismo.
Il vagabondare di Charlie personificava l'antitesi di tutti i valori
prevalenti di quella cultura; valori quali l'ambizione, la lotta, il
coraggio, lo stoicismo, la tenacia, la direttività, la posposizione
della gratificazione, la dignità e la « virilità
». Egli è stato un monumento alla rispondenza in una cultura
che stava rapidamente cancellando ogni traccia di essa nella vita quotidiana.
Non è per nulla chiaro perché o quando un sistema sociale
diventa improvvisamente vulnerabile a tali antitesi incapsulate, perché
i muri delle celle crollano, permettendo alla tendenza deviante di fluire
attraverso la società. Chiaramente, ciò è reso
possibile da una certa fame, da una certa mancanza, da una certa fatica
riguardo le assurdità artificiali degli adattamenti esistenti;
tuttavia, il processo permane sempre piuttosto oscuro. Chiamiamo crisi
tali momenti. Definiamo crisi un evento quando le nostre routines ordinarie
cessano di avere senso. Per cui, quanto più, in primo luogo,
le nostre routines appaiono prive di significato, tanto più è
probabile che compaia una crisi. Una crisi dura (cioè, viene
definita tale) finché le varie routinues mon cominciano nuovamente
ad avere senso. Può apparire impossiblie recarsi al lavoro e
assurdo lavare i piatti quando una persona amata è appena morta;
per questo, in una comunità funzionante, in genere gli altri
si danno da fare per riempire il vuoto, rompendo le proprie routines,
onde eseguire le funzioni necessario del familiare del defunto. Poi,
alla fine, si ha di nuovo la sensazione che la «vita debba continuare»:
le acque straripate recedono, il membro della famiglia ritorna dall'ospedale,
il morto viene abbandonato e le routines vengono di nuovo riprese. Spesso,
tuttavia, sono le routines stesse a trasformarsi, attraverso l'incorporazione
del più ampio contesto reso evidente dalla crisi. Il paziente
coronarico riserva le proprie energie per arricchire emotivamente le
esperienze, piuttosto che per svuotarle; la città distrutta ricostruisce
con un occhio rivolto alla bellezza. Spesso, le crisi offrono alle parti
soppresse e disprezzate di un sistema la possibilità di infondervi
nuova vita, di concedergli una seconda occasione, simile a quella che
il sogno del
fantasma di Marley diede ad Ebenezer Scrooge. ( * )
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