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per Operatori del Benessere Immateriale
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Earthwalk
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CAPITOLO 7 (seconda parte) / v. Capp. 1 - 2 - 3 - 4 - 5 - 6 - 7 | |
Direzioni A questo punto mi trovo impegnato in un'impresa piuttosto buffa: tentare di incoraggiare persone che non conosco, attraverso uno strumento lineare astratto, perché modifichino il loro orientamento al mondo in un modo che dovrebbe indurii a respingere il mio tentativo come meccanico e non valido. Tenendo in mente questa incoerenza, vorrei riassumere quelle fra le mie osservazioni che hanno ovvie implicazioni prescrittive. Queste non sono «cose da fare», ma direzioni che appaiono salutari; non processi da avviare, ma tendenze già iniziate e disponibili per i nuovi inputs d'energia. (1) Decentralizzazione. La diffusione del potere è
stata un dogma centrale della nuova sinistra («il piccolo è
bello, il grande è brutto»). Ovviamente la vecchia sinistra
favoriva la tendenza opposta ed appggiava la crescente concentrazione
del potere all'interno di poche grandi corporazioni, sulla base che
ciò le avrebbe rese mature per la nazionalizzazione Questa, come
strategia, è abbastanza solida, ma l'idea che la trasformazione
della proprietà formale di una burocrazia gigante avrebbe condizionato
il modo in cui funzionava costituisce un esempio di quell'infatuazione
per i simboli che affligge il pensiero razionalista. Tuttavia la diffusione
del potere solleva problemi di coordinamento. Le organizzazioni di massa,
come minimo, creano l'illusione di fornire un sistema per coordinare
le attività di grandi quantità di persone. Questa è
una grossa presa in giro, come si può riscontrare dal caos e
dall'incoerenza in cui viviamo. L'illusione deriva dall'eliminazione
dal processo di (2) Decelerazione. In America la democrazia è
impossibile per la semplice ragione che la gente è troppo mobile
per creare quel tipo di vincoli stabili di comunità su cui la
democrazia si basa. La mobilità elimina ogni occasione perché
le persone si appoggino le une alle altre, mentre, per i loro bisogni
le costringe a dipendere da sistemi burocratici verticali. Come può
la gente strutturare in termini politici i propri desideri quando non
si conosce reciprocamente neanche tanto da parlarsi? Invece, i problemi
vengono immaginati, definiti e chiesti da specialisti. Ma, ad essi,
viene risposto individualmente, se mai viene risposto, da persone che
non hanno modo di analizzare le proprie implicazioni relazionali. La
democrazia è possibile soltanto in presenza di un seppur minimo
livello di coagulazione interpersonale. Essere di passaggio, inoltre,
non è realmente vivere, perché, durante questo periodo,
si è staccati dalle condizioni ambientali, sia perché
fisicamente trincerati in un veicolo metallico, sia psichicamente, in
virtù del ruolo osservatore-estraneo. In America, si è
di passaggio la maggior parte del tempo, e il vento che fluisce accanto
alle orecchie ci rende sordi ai nostri visceri, o incapaci di ascoltarceli
reciprocamente. Di più, la nostra ideologia ci ha fatto sentire
quanto sia vergognoso l'ardente desiderio di radici per cui deve essere
soffocato o nascosto nel primo buco a portata di mano. Esistono però,
limiti alla malleabilità umana, per cui anche gli Americani stanno
dimostrando segni di resistenza all'esigenza di disprezzare le loro
radici e di marciare, quasi continuamente, in esilio l'un dell'altro
(«muoviti non indugiare»). Sta risvegliandosi un interesse
per il passato e la parola «rituale» diventata una delle
preferite anche se nessuno sa che cosa voglia dire. Ci vorrà
assai di più, però, perche la mobilità decresca:
quanto peggiore si farà il nostro ambiente, tanto più
rapidamente la gentete si muoverà in esso, abbandonando ogni
posto non appena l'avrà deturpato. Ma, presto o tardi, quando
gli ambienti saranno diventati altrettanto inabitabili, la gente dovrà
assumere un impegno con le proprie condizioni ambientali e non trattarle
come camere di un motel Come tutti i grandi cambiamenti sociali, esso
prende l'avvio col non provare vergogna. (3) Depolarizzazione.Durante periodi di crisi, le forme di specializzazione da noi apprese ed accettate come ordine naturale delle cose devono, spesso venire dissolte. Per arrivare a ciò, siamo costretti a conoscere la nostra molteplicità e la nostra confusione interna, sia individualmente, sia collettivamente La sciarada di assensi e dissensi deve dar luogo ad una percezione delle contraddizioni interiori mascherate dalla polarizzazione esterna. Per la vita, il conflitto è essenziale, come lo è il confronto per la comunicazione. La depolarizzazione non allevia il conflitto - lo acutizza e lo rende reale, eliminando falsi problemi e permettendo al confronto di essere dinamico anziché statico e polarizzato. Depolarizzazione significa semplicemente liberarci dalla prigione delle assegnazioni del ruolo culturale per esprimere la nostra più piena umanità. La depolarizzazione non può mai essere permanente. E' piacevole assumere e svolgere ruoli specializzati, proprio come lo è indossare costumi e partecipare a rituali. Adulti e bambini traggono gioia dalla simulazione, dal compiere i passi di un elaborato minuetto interpersonale e nell'eseguirli bene. La vita è più un'espressione emotiva per cui l'avvolgere la tensione in forme eleganti ha un suo valore intrinseco. Quando le vecchie specializzazioni vengono sommerse, ne emergeranno di nuove affinchè l'energia possa essere concentrata in certe parti del sistema sociaIe per essere liberata quando necessario. Sfortunatamente, queso avvolgere l'energia tende gradualmente a irrigidirsi e a bloccarsi, per cui la depolarizzazione è un mezzo per far fiorire, di tanto in tanto, il sistema in modo che possa riadattarsi con maggiore grazia. La forma del riadattamento non ci interessa. Le culture non possono essere pianificate, nè mai sono logiche. Hanno soltanto bisogno di essere coerenti. Le contraddizioni possono
abbondare con tutto agio, finché la schematizzazione culturale
non isoli gli uni dagli altri in un tempo, in uno spazio o in un rapporto,
i comportamenti contraddittori. Queste soddisfacenti contraddizioni
si raggiungono attraverso prove ed errori. Ogni tentativo per applicare
la logica e il principio è invariabilmente fatale, poiché
cercano di distruggere proprio quelle contraddizioni da cui dipende
la salute sociale. La più importante forma di depolarizzazione
della nostra società odierna è l'attacco ai ruoli di sesso
da parte del movimento femminista. La divisione del lavoro per sesso
è diventata una forma pericolosa di rigidità sociale come
il lavoro ha cessato di essere localizzato per separarsi sempre di più
dalla vita quotidiana. Quando uomini e donne operano in un ambiente
condiviso, la divisione del lavoro per sesso è una porzione innocua
della complessità sociale. Ma quando il lavoro dell'uomo è
totalmente staccato dal mondo in cui vivono moglie e figli, la stessa
divisione del lavoro diventa sinistra. Ciò è particolarmente
vero quando l'attività è prioritaria, come nel caso della
nostra società, in cui al produttore viene sempre concessa la
priorità sul consumatore. Si presume che i focolari domestici
seguano gli impieghi e se il marito produttore rende meno abitabile
l'ambiente, ciò viene tollerato come parte necessaria del lavoro.
Quando sia l'attività del marito, sia quella della moglie è
dentro di loro ed è relativa a loro, le comunità risultano
più abitabili e più coerenti. Ma quando la moglie si ritira
all'interno della casa e il marito se ne allontana per recarsi ad un
posto di lavoro lontano, entrambi si atomizzano. Oltre a ciò,
quando il marito opera in un ambiente staccato dalla sua vita emotiva
ed interpersonale, le sue attività di produttore non saranno
uniformate a questi interessi e diventeranno, conseguentemente, inumane.
E se la moglie, nel contempo, dedica le proprie energie alla casa e
ai figli, staccata dai problemi sociali più ampi, alleverà
figli deficitari quanto a rispondenza sociale. In altre parole, se il
marito si sforza di gestire il sistema senza rapporto con la casa, e
la moglie si sforza di gestire la casa senza rapporto col sistema, entrambi
compiranno un'impresa insoddisfacente. La depolarizzazione auspicata
dal movimento femminista dovrebbe sommergere questi comportamenti, per
restaurare un pezzo necessario dicircuitismo sociale. Distinzioni Ho parlato di riconnessione, di rispondenza alle sensazioni interne,
di costituire un buon terminale nervoso sociale, di riacquistare la
primitiva consapevolezza. Tali osservazioni sono soggette a massicce
interpretazioni erronee, in quanto suscitano associazioni con quelle
categorie tanto familiari quanto inutili, tramite le quali, d'abitudine,
definiamo la nostra esperienza. A prescindere da tutte le spiegazioni
che possano essere fornite, un riflesso del genere sarà irresistibile
per gli accademici; tuttavia vorrei offrire alcune parole di chiarimento
e di differenziazione a chi è interessato soltanto alle idee
e ai modi difficili di percepire, vorrei specificare quello che armonizzazione
e rispondenza non sono. Esse non implicano passività o fatalismo.
Una risposta organica è una risposta. Per esempio, per i gruppi
oppressi, essa può benissimo essere l'azione sociale o politica
del tipo solito: organizzazione della comunità, boicottaggio,
dimostrazioni, e così via. Queste azioni possono essere effettuate
a vari livelli di armonizzazione, in quanto, tanto per ripeterci, è
meno un problema di "che cosa" che di "come". Per
esempio, quanto più la comunicazione si verifica esclusivamente
fra coloro che già la pensano in modo simile, tanto meno essa
va considerata una forza per la salute. Un'attività fatta procedere
in modo meccanico e non rispondente può essere tanto paralizzante
quanto la passività. Il confronto ha quasi sempre valore, ma
il miglior confronto è quello bilaterale. Per esempio, il teatro
guerrilla è, in genere, una comunicazione ad una via quanto una
lettura, per cui, conseguentemente, è circa altrettanto efficace.
I confronti che hanno successo sono, di solito, interattivi e, talvolta,
violentemente tali. Spesso gli Americani provano un certo disagio se
non si impegnano in un'attività frenetica, preferibilmente di
tipo scomodo e faticoso, che sia presagio di vittoria sulla loro inerzia
interiore. Ma, in dati momenti, ognuno si sente più attivo e
fiducioso degli altri, per cui non c'è un particolare valore
nel lottare futilmente; uno scoraggiamento di cui abitualmente ci si
occupi dura generalmente meno di uno di cui non ci si occupi. D'altro
canto, nulla accresce la sensazione di impotenza e di disperazione più
della rabbia che non trova un qualsiasi modo d'espressione. Camminare
su questa corda tesa richiede grande sensibilità. Non sono sinonimi
di «spontaneità». Questa è una distinzione
particolarmente difficile da farsi, dacché ho posto tanta enfasi
sulle condizioni sentimentali interiori. Ho avanzato l'ipotesi di come,
in genere, il proprio stato emotivo sia un valido indice del funzionamento
del sistema di cui si è partecipi. Ho poi dimostrato come si
abbia l'obbligo - se non il dovere - di esprimere, in un modo o nell'altro,
questo stato emotivo, affinchè il sistema possa funzionare in
maniera sana, in quanto nessun sistema può operare in maniera
umana senza adeguato feedback. Ma ciò non implica, forse, un
certo tipo di dispotismo viscerale? Che, cioè, tutto quanto io
sento sia reale, valido, importante e che si debba agire conformemente?
Si potrebbe fare un esempio di tale pura impulsività da una prospettiva
societaria. Malauguratamente, come ben sappiamo, essa, in definitiva,
è fatale per l'organismo individuale, per cui costituisce una
specie di approccio kamikaze al benessere ecologico. Oltre a ciò,
siccome tutti i sistemi sociali sono strutturati per limitare, entro
certi limiti, il feedback, una risposta impulsiva non messa a fuoco,
anche se disastrosa per l'individuo, può non venire registrata
dal sistema. Anche un bambino ferito ha senno sufficiente da non sciupare
le proprie lacrime in uno spazio vuoto, ma corre alla ricerca di un
genitore prima di scaricare la propria infelicità. Una limitazione
più grave alla spontaneità risiede nel fatto che i nostri
visceri sono assai gravemente corrotti dall'apprendimento culturale,
per cui non ci si può fidare troppo di essi come di un valido
indice del nostro stato emotivo, e ancor meno di quello del sistema.
Tutti i sentimenti sono stati drogati, per cui tendono ad esprimersi
attraverso canali indiretti. Per alcuni, il canale della rabbia è
compresso, per cui, quando sono in collera, tendono a sentirsi tristi.
Per altri, i canali lacrimali sono bloccati, per cui tendono ad infuriarsi
quando vengono lesi o sono tristi. Altri soffrono di mal di testa o
di dolori di stomaco, e così via. L'angoscia, in genere, è,
sì, un indice valido che il sistema sta nuocendo ed è
nocivo, però non bisogna ricercare una grande specificità.
Può essere vero, come sostengono le terapie anti-psicanalitiche,
che nessuno conosce la verità della psiche altrui, ma è
anche vero, come sostengono gli psicanalisti, che nessuno conosce la
verità circa sé stesso. È pura pomposità
immaginare che l'espressione dei nostri impulsi abbia una qualche validità
emotiva maggiore di quella dei nostri prossimi più stretti. L'accesso
ai nostri stessi sentimenti risulta spurio in assenza di accesso a quelli
altrui. Nella nostra cultura, la «spontaneità» tende
ancora ad essere imbibita di obiettivi narcisistici. C'è ancora
molta malvagità nel nostro gioco, molta affettazione, molta ricerca
di ammirazione e di status particolare. L'ideologia della libera espressione
viene spesso utilizzata per santificare la ricerca indiscriminata di
riconoscimento, che è il modo peggiore di conciliare i piaceri
del mondo con la salute spirituale a favore dell'uditorio, che deve
rassegnarsi al narcisismo dell'artista o dell'attore senza ottenere
nulla in cambio. Come l'ha messa un mio amico, in risposta alle effusioni
artistiche di studenti universitari: «Tutti quanti desiderano
che i loro stronzi vengano immortalati nel bronzo». Non vengono
necessariamente raggiunte attraverso lo sviluppo personale. Dacché
nella cultura occidentale la socializzazione rende pericoloso fidarsi
con troppa specificità dei propri impulsi, potrebbe apparire
logico dedicare i propri sforzi alla cura di sé, alla padronanza
di sé, all'illuminazione, allo sviluppo spirituale, alla crescita
personale, o a che dir si voglia. Questa posizione implica che, qualora
si acquisisca l'armonia personale, l'armonia con la natura seguirà
automaticamente, il che è un po' come dire che la maniera migliore
per cementare l'amicizia con un uomo è di andare a letto con
sua moglie. Ovviamente, può darsi, ma potrebbe anche non darsi.
Essere in armonia con qualcuno non è lo stesso che avere una
totale identità con lui. La mia esperienza circa coloro che hanno
cercato energicamente e con un certo successo l'armonia interna, è
che si sono semplicemente distaccati, che questo fosse, o meno, l'obiettivo
esplicito. E, quantunque essi si sentano spesso in armonia con chi li
circonda, ciò, in genere, è illusorio e non contraccambiato.
La loro sensazione di trovarsi in armonia è puramente quella
di recarsi come pietre a vedere un bei film si è altamente
sensibili a, elogiativi di, identificati con gli altri, ma disimpegnati
da essi osservando e sperimentando ma non interagendo. Ciò
non significa che uno stato del genere non possa portare all'armonia
poiché, talvolta, lo fa. Ma non è la stessa cosa dell'armonizzazione,
che richiede un passo ulteriore, un centro d'attenzione esterno. E,
siccome la scelta del rivolgersi all'intemo non è casuale, questo
passo viene raramente compiuto. Diventare interiormente armoniosi significa
disarmonizzarsi col proprio passato e con l'ambiente culturale, in quanto
questi sono quelli che, in primo luogo, hanno creato la disarmonia.
Non è possibile diventare veramente armoniosi dentro e
fuori in un modo discordante. Si puòsoltanto cercare una
maggiore armonia simultaneamente all'interno e all'estemo. Una frequente
illusione relativa a questo tipo di tentativo è che quella parte
di sé che cerca l'armonia interna sia propria, mentre tutta la
disarmonia sia qualche cosa di imposto dall'esterno. Analogamente, gli
Americani, nel tentativo di sopraffare le loro difficoltà di
personalità, tendono ad essere deterministi circa i loro problemi,
considerandoli inculcati dai genitori e dalla cultura. Ciò nonostante,
essi si immaginano che le loro forze - quelle per mezzo delle quali
lottano per sopraffare questi problemi - scaturiscano in piena fioritura
dalla loro volontà, come Atena dalla testa di Zeus. Ma, se i
problemi vengono dai genitori e dalla società, lo stesso vale
per la capacità di superarli. E se è il sé ad essere
integrato e sopraffacente, è anche il sé a dover essere
integrato e sopraffatto; se, cioè, i problemi sono manifestazioni
della società, altrettanto è il sé che integra
e cura. Siamo parte di tutto ciò che sperimentiamo, per quanto
ripugnante possa sembrare e, senza un centro d'attenzione esterno, tutto
è illusione. Non implicano ortodossia. Il sottolineare l'importanza
della riconnessione viene talvolta interpretato come patrocinio di un
certo tipo di ortodossia o di «convenienza», anche se, in
effetti, esiga esattamente l'opposto. Evitare una connettività
cibernetica con l'ambiente, presentando al mondo un falso sé
convenzionale è strategia schizoide. «Convenienza»,
inoltre, è concezione meccanica, adeguata a blocchi di materia
inanimata. Essa pone il presupposto assurdo che, fra due organismi,
sia possibile un adattamento ad una via: idee, queste, che soltanto
una cultura individualistica può inventare. Ciò nonostante,
alla base, ortodossia ed egoismo assommano alla stessa cosa: ad un'incapacità,
cioè, di essere pienamente presenti ed emotivamente impegnati
con un'altra persona. L'armonizzazione esige che noi abbandoniamo la
nostra tendenza automatica a sopprimere o a ignorare le nostre relazioni
viscerali alle condizioni ambientali. Inquantoché, ignorare l'ambiente
esistente, mancare di rispondergli, o trincerarsi contro di esso, significa
conservarlo. «Fatti le cose tue» generalmente si rivela
essere un processo meccanicistico di rispondere dall'interno ai messaggi
osservabili e di ignorare il feedback esterno. Restaurare la connettività
significa reagire, protestare quando si è lesi, esprimere piacere
quando si ha piacere. Le istituzioni che, oggi, tolleriamo, sono opprimenti
perché soffrono di una deficienza di feedback. Per questo, non
sono prive di biasimo, ovviamente, dacché isolano, quanto più
possibile, sé stesse dal feedback. Tuttavia, abbiamo bisogno
di sconfiggere la nostra erudita deferenza per le proiezioni inumane
e non rispondenti dei nostri ego meccanici - burocrazia, macchine, strutture,
status e gradi - per trasferire questa reverenza e questa considerazione
agli esseri umani e alle altre cose viventi. Talvolta, gli umani agiscono
come agenti di sistemi meccanici presentandosi come pure estensioni
di un'organizzazione o di una professione, e subordinando sé
stessi al loro status, alla posizione, o a qualche simbolo di acquisita
mediocrità M.D. o Ph.D. Nel grado in cui agiscono in questo
modo, hanno rinunciato alla propria umanità e non possono pretendere
di essere trattati come esseri umani. Da qui, si attiva un ciclo di
rappresaglia; nella loro «competenza ufficiale» essi agiscono
in modo inumano, però, se rendiamo pan per focaccia, essi percepiscono
questa lesione, entro certi limiti, come esseri umani, per diventare
sia più ufficiali (per proteggersi) sia più inumani (per
vendicarsi). Ciò è deplorevole, ma non tanto da dare un
indirizzo sbagliato alla nostra partecipazione ai sentimenti altrui.
Siamo soltanto obbligati a consentire a tali persone un attimo per rivelare
se sceglieranno di essere umane o ufficiali. Nel momento stesso in cui
scelgono quest'ultima soluzione, la loro pretesa che vengano presi in
considerazione i loro sentimenti umani deve essere respinta, dacché
hanno optato al di fuori del circuitismo umano. Se si desidera tentare
una trasformazione - tentare, cioè, di raggiungere la loro umanità
passando attraverso lo schermo della loro auto-obliterazione - questa
è un'impresa altamente desiderabile, per quanto ambiziosa e irta
di rischi emotivi. In tal caso, è importante conservare una chiara
consapevolezza che il rispetto e la considerazione sono diretti alla
persona, non alla struttura. L'unico indice valido dell'accuratezza
del tentativo è il grado in cui esso distacca la persona dalla
struttura. Le persone difendono il comportamento ufficiale in termini
di necessità di «adempiere al loro compito». Per
dimostrare la vuotaggine di questa affermazione è soltanto necessario
chiedere, nel modo più ampio possibile, in che cosa consista
il loro «compito». Forse, è salutare l'arroganza
medica? O, forse, le pidocchiosità accademiche inculcano la saggezza?
Protegge le persone, forse, la brutalità poliziesca? O, forse,
le procedure ospedaliere nutrono il malato? Facilitano, forse, la comunicazione
le procedure dell'azienda telefonica? NOTE pag. I., Alexander Lowen, Betrayal of the Body (Collier Books, 1969), p. 231 II., par. 2 Lowen, Betrayal, p. 116. V., par. 2 Gregory Bateson, Steps to an Ecology of Mind (Ballantine Books, 1972); Norman O. Brown, Life Against Death (Vintage,1959); David Bakan, The Duality of Human Existence (Beacon, 1966); William Irwin Thompson, Al the Edge of History (Harper,1972). 2.. Di questa parabola sono debitore a Bruno Beretta. 3.. Bateson, Steps, p. 18. 4.. Norman O. Brown, Love's Body (Randon House, 1966), p. 147. 6., par. 2 Grace Stuart, Narcissus (Macmillan, 1955), p. 45. 9.. par. 3 Ross V. Speck and Carolyn L. Attneave, Family Networks (Pantheon, 1973). 10.. Kiyo Morimoto, «On Trying to Understand the Frustrations of Students » (Harvard University Bureau of Study Counsel, 1972). Riguardo alla scelta, ho anche appreso da discussioni con Fatima Mernissi. 11.. par. 2 Brown, Love's Body. p. 184. 13., par. 2 Norbert Wiener, The Human Use of Human Beings (Avon, 1967), pp. 129-41. par. 3 Alvin Toffler, Future Shock (Bantam, 1970), pp. 197-215. 15.. par. 2 Weston La Barre, The Human Animal (University of Chicago Press, 1954), p. 258. par. 3 Sigmund Freud, « The "Uncanny," » in Collected Papers, Vol. IV (Hogarth, 1953), pp. 368-407. 16.. par. 2 Henri Bergson, Laughter, An Essay on the Meaning of the Comic (Macmillan, 1911), pp. 8 ff-, 37 ff. 17-18., Fatima Mernissi 20., par. 4 Toffler, Future Shock, pp. 359-64, 428-31, 449-52. 22., par. 2 Bateson, Steps, p. 433. Quanto viene qui detto riguardo alla medicina si applica altrettanto bene al nostro approccio ai disturbi sociali. Al posto di parte malfunzionante, si legga «partito o partitiresponsabili», al posto di germi si legga «agitatori esterni». 24., par. 2 René Dubos, Mirage of Heallh (Harper,
1959), pp. 1-52, 68-72, 80-108.Man, Medicine, and Environment (Mentor,
1969), pp. 88-94, 106 ff.; Toffler, Future Shock, pp. 325-42. 27. Sandra Levinson and Carol Brightman, Venceremos
Brigade (Simon and Schuster, 1971), pp. 166-67. 29. Plato, Phaedo, 67; Lowen Betrayal, p. 213; K. Krostofferson
and F. Foster, Me and Bobby McGee. 30.. par. 3 Donella H. Meadows, et al., The Limits To
Growth (Signet, 1972). . par. 4 La maggior parte di queste cifre di
incremento sono tratte da Toffler, Future Shock, pp. 9-35. par. 4 Per
l'attività animale, vedi Ashley Montagne, Touching (Columbia
University Press, 1971), pp. 15-25. 31.. par. 1 Dubos, Man, Medicine, p. 97; David Bakan,
Disease, Pain and Sacrifice (University of Chicago Press, 1967), pp.
19-31. par. 3 Bakan, Ibid., p. 36. 32.. par. 2 Toffler, Future Shock, pp. 35, 403, 428-29,
458, 460, 468. par. 3., Leon J. Yarrow, « Separation from Parents
During Early Childhood,» in Martin L. Hoffman and Lois Wladis
Hoffman (eds.) Review of Child Development Research, Voi. I (Russell
Sage Foundation, 1964), pp. 89-136; Gerald Caplan, Mental Aspects of
Social Work in Public Health (School of Social Welfare, University of
Califomia, Berkeley, 1955), pp. 123-33. Per la schizofrenia, vedi Bateson,
Steps, pp. 201-27; R. D. Laing, The Politics of the Family (Pantheon,
1971); R. D. Laing and A. Esterson, Sanity, Madness and the Family:
Families of Schizophrenics (Basic Books, 1970); Theodore Lidz, et al.,
Schizophrenia and the Family (International Universities Press, 1965). 33-34. I lettori si accorgeranno che sto trattando il
problema dell'universalismo contrapposto al particolarismo in maniera
brutalmente ipersemplificata. Cfr. Talcott Parsons, The Social System
(Free Press, 1951); Max Weber, The Protestant Ethic and the Spirit of
Capitalism (Allen and Unwin, 1930). Per le limitazioni dell'autoritarismo,
vedi Warren Bennis e Philip Slater, The Temporary Society (Harper, 1968),
Capp. 1 e 3. 36. par. 1 Marshall McLuhan, Understanding Media (McGraw-Hill,
1964). par. 6 R.D. Laing, The Divided Self (Pelican, 1965), pp. 80 ff.,
139 ff. 37-38 Ibid., p. 162. 38. par. 2 (*) Cat's Cradie = gioco in cui uno spago
annodato a mo'di cerchio secondo un modello di culla fra le dita delle
mani di una persona viene trasferito nelle mani di un'altra in modo
da formare una figura differente (N.d.T.). 38-39. Philip Slater, The Glory of Hera (Beacon, 1968),
Cap. 2; par. 2.; Bruno Bettelheim, Symbolic Wounds (Thames and Hudson,
1955). 39.. par. 1 C.S. Lewis, That Hideous Strength (Macmillan,
1965), p. 46. 40-41. La Barre, Human Animal, pp. 258-59, 268. 41-42. Ibid., pp. 240 ff., 246, 260. 41-42. Questa affermazione circa le finzioni sociali è una parafrasi del famoso detto di W.I. Thomas circa le situazioni definite reali, essendo reali nelle loro conseguenze. Vedi W.I. Thomas e D.S. Thomas, The Child in America (Knopf, 1928), p. 572. 42., par. 2 La Barre, op. cit., pp. 267-68. 42-43. Bateson, Steps, p. 434. 45.. par. 4 Erich Fromm, Man for Hinself (Rinehart, 1947); David Riesman, The Lonely Crowd (Anchor, 1950), and Individualism Reconsidered (Free Press, 1964); William H. Whyte, Jr., The Organization Man (Simon and Schuster, 1956); George Orwell, 1984 (Signet, 1961); Lorenz, King Solomon's Ring, pp. 59-61. 46.. par. 2 Fritz Peris, Gestalt Therapy Verbatim (Real People Press, 1969), p. 154. La preghiera Gestalt (p. 4) implica lo stesso scenario solitario-ma-coraggioso che è sempre stato popolare nelle culture protestanti, per cui può essere considerata una versione moderna della fermezza di carattere. Essa mima il tradizionale addestramento all'indipendenza americana WASP, e serve come socializzazione differita per persone con genitori possessivi e iperprotettivi. 47.. par. 2 Marcia Millman, « Nightmare or Paradise? » Social Change (in press); Ray Bradbury, Fahrenheit 451 (Ballantine, 1966); Aldous Huxiey, Brave New Worìd (Bantam, 1966); George Orwell, 1984 (Signet, 1961); Eugene Zamiatin, We (Dutton, 1952). 48.. par. 4 Cf., e.g.. The Performance Group, Dionysus in 69, ed. by Richard Schechner (Farrar, Straus, & Giroux, 1970). 49.. par. 1 Bakan, Duality p. 89. 50.. par. 1 Lowen, Betrayal, pp. 38-42. par. 2 Ibid., pp. 42-43. 51.. par. 2 Freud, Civilization and Its Discontents (Norton, 1961), p. 62, Lowen, op. cit., p, 257. par. 3Ibid., p. 258. 53.. par. 2 Laing, Divided Sey, p. 80. par. 3 Ibid., pp. 80, 86, 95. 54.. par. 1 Bakan, op. cit., p. 89. par. 2 Laing, op. cit., p. 151. par. 3 Ibid., pp. 142-43. par. 4 Ibid.,pp. 144-45, 151, 158. 59. Lao Tzu, Tao Te Ching, trans, by D.C. Lau (Penguin, 1963), Book One, XIX; Idries Shah, Wisdom of the Idiots (Octagon, 1969), p. 13. 59-60. Wiener, Human Use, p. 31. 60.. par. 3 II mio libro Microcosm (Wiley, 1966) è una elaborata descrizione di questo processo. 62., par. 3 La Barre, Human Animal, p. 246. 63-64. Sui ruoli umani, vedi Bennis and Slater, Temporary Society, pp. 79-87. 66.. par. 2 Toffler, Future Shock, p. 99. 67.. par. 3 William N. Stephens, The Family in Cross-Cultural Perspective (Holt, Rinehart and Winston, 1963), pp. 325-39. par. 4 Bennis and Slater, Temporary Society, Capp. 1-3. 69., par. 2 Sigmund Freud, Totem and Taboo (Norton, 1950). 69-70 Stephens, Family, pp. 338-39; G. Rattray Taylor, Sex in History (Ballantine, 1954); Philip Slater, «Culture, Sexuality, and Nareissism», Social Change (in press). 70. par. 2 Weber, Protestant Ethic, pp. 121, 153-54.
par. 4 Philippe Ariès, Centuries of Childhood (Knopf, 1962),
pp. 71-72. 73. par. 2 Soprattutto Emile Durkheim, The Division
of Labor in Society (Free Press, 1933). 75-76 Slater, Glory of Hera, passim. 76. par. 3 H.R. Hays, The Dangerous Sex (Putnam, 1964),
pp. 17-21. 76-77 Bennis and Slater, Temporary Society, Capp. 1
e 2. 78. par. 2 Slater, Glory of Hera, Cap. 1. par. 4 Bateson,
Steps, pp. 309-37. 79. par. 2 Vedi per esempio. Alice Ryersob, «Medical
Advice on Childrearing Practices: 1550-1900. » Unpublished doctoral
dissertation, Harvard University Graduate School on Education, 1960;
Montagne, Touching, pp. 122-26. par.3 Ibid.,pp.l31-37. 79-80. Ibid.,pp. 126-31. 82., par. 3 David Riesman, Individualism Reconsidered,
pp. 99-120. 82-83. Richard Bach, Jonathan Livingston Seagull (Avon,
1970). Citazioni dalle pp. 27, 29, 30, 41, 57, 58, 60, 61, 64, 65, 86,
88, 106, 112, 114, 120-21; Gary Shaw, Meat on the Hoof (St. Martin's
Press, 1972); Philip Roth, Our Gang (Bantam, 1971). 84.. par. 1 Dori Appel Slater fa notare come nella controcultura
l'esigenza di dominanza interiore abbia ampiamente sostituito la varietà
mondana. 85.. par. 3 Wilhelm Reich, Character-Analysis (Noonday
Press, 1962), pp. 248 ff. 86.. par. 1 Montagne, Ibid., p. 82. par. 3 Reich, Ibid. 88., par. 2 Theodore Rosebury, Life on Man (Viking,
1969). Debbo questa osservazione a Jacqueline Doyle. 88., par 1 Lao Tzu, Tao Te Ching, Book One, XIII; Sophocles,
Oedipus the King, trans, by David Grene (University of Chicago Press,
1959), 1074-80. 93. Questa trattazione della famiglia come sistema di
classe descrive una norma. Ovviamente, c'è una notevole variazione
di comportamento concreto fra gruppo e gruppo, nonché da famiglia
a famiglia. Il sistema familiare della classe media americana è
più «democratico» di qualsiasi tipo europeo, cosi
come la sua classe sociale è meno formale. Tuttavia, le strutture
sono identiche in entrambi i casi. 94. par. 2 Apollodorus, III, 5, 8. Vedi anche la nota
a pag. 347 della Loeb Library Edition. 97. par. 3 Sophocles, Oed. Tyr. 460-65. 97-98. Ibid., 103-32. 99. par. 1 Si confronti la canzone antiedipica di Stephen Stills di una generazione successiva: «Se non puoi essere con l'unico tuo amore, ama colei con cui ti trovi». La musica contemporanea popolare rivela un deciso declino del romanticismo edipico. Anche quando vengono ritratti i rapporti fra giovanotti e donne più anziane le persone implicate sono reali anziché idealizzate piene di grinze, guai e brutte facezie, unitamente alle loro più simpatiche qualità. 100. par. 2 Toffler, Future Shock, pp. 117-18. Troll
ecc. par. 3 (*) Troll = Gnomo o gigante leggendario del folklore scandinavo,
abitante nelle caverne o nelle montagne (N.d.T). par. 4. David McClelland,
The Achieving Society (Van Nostrand, 1961), pp. 342, 345, 404-6. Uno
studio russo da me non ancora visto 102. par. 2 Alexander Lowen, Pleasure (Lancer, 1970),
p. 85. Lo stampatello è mio. 103. Per una più completa trattazione di questo
principio, vedi «Prolegomena to a Psychoanalytic Theory of Aging
and Death», in R. Kastenbaum (ed.), New Thoughts on Old Age (Springer,
1964), pp. 19-40. 105. par. 2 Riesman, Lonely Crowd, pp. 31 ff. par. 5
John Cuber and Peggy Harroff, Sex and the Significant 106. par. 2 Ibid., p. 180. 111. par. 1 Bateson, Steps, p. 300. par. 4 McClelland,
Ibid., p. 405; Slater, Glory of Hem. 112-113. Vivian Gornick, «The Next Great Moment
in History Is Theirs, » The Village Voice, November 27, 1969;
Matina Homer, «Toward an Understanding of Achievement-Related
Conflicts in Women», Journal of Social Issues, 28, 1972, pp. 157-75. 113-114. Montagne, Touching, pp. 272-74. 114. par. 3 Bakan, Duality, p. 15. 115. par. 1 Ibid., pp. 113-20, 122-24. 118. par. 4 Edward Devereux mi ha suggerito che è
il declino della specializzazione del ruolo parentale ad essere responsabile
dell'indebolimento degli orientamenti edipici nella nostra società. 119. par. 1 Philippe Ariès, Centuries of Childhood,
pp. 33-34,38-39, 50 ff. par. 4 Ibid., pp. 47, 50-53,57-58, 71, 100 ff.,
130-33,329-36, 369, 375, 398-400; Ryerson, «Medical Advice». 120. par. 1 Ariès, op. cit., pp. 59,61,92-93,
99, 314. 121. Adattato da una relazione apparsa sul Globe di
Boston, Marzo 1972, di Crocker Snow, Jr. 123. Lao Tzu, Tao Te Ching, Book Two, LXXVII; C.S. Lewis,
Hideous Strength, p. 173. 124.. par. 4 Toffler, Future Shock, pp. 334-36. 124-125. Vedi p. es., Dubos, Mirage of Health; Man,
Medicine and Environment; Toffler, op. cit., pp. 327-42. 125. par. 4 Cfr. Bakan, Duality, p. 88. Per una trattazione
più ampia ed intelligente di questo rapporto, vedi Victor Gioscia,
Time Forms (Gordon and Breach, in Press), da cui è estratto questo
paragrafo. 128. par. 2 Dubos, Mirage, pp. 109-39. 131. par. 3 Bateson, Steps, p. 4. 132. par. 3 Slater, «Social Bases of Personality»,
in Neil J. Smelser (ed.), Sociology: An Introduction (Wiley, 1973),
Second Ed., pp. 612-24. 134. par. 3 Sigmund Freud, «Negation», in
Collected Papers, Vol. V, pp. 181-85. 135-136. Toffler, op. cit., pp. 365, 405, 449-52, 460,
467, 480. Lo stampatello è mio. 136. par. 3 Toffler, op. cit., pp. 360, 393, 428-31,
450-52, 474. 139. par. 2 Lowen, Pleasure, p. 108. 139-140. Arthur Janov, Thè Primal Scream (Putnam,
1970), p. 146. 140. par. 2 René Dubos, Mirage, p. 228; Time,
December 4, 1972, p. 39. 140-141. Cf. Norman Brown. Life Against Death. 142. par. 2 Cina e Cuba possono apparire eccezioni a
questa affermazione, ma, in effetti, ne sono un'illustrazione. Le rivoluzioni
effettuano il cambiamento soltanto nei limiti in cui rappresentano una
diffusione di potere. Le innovazioni sono introdotte collettivamente
in un nuovo centro di potere e portate dall'esterno da un gruppo 147. Stereotipo altamente derisorio per alludere ai
negri (N.d.T.). Paul Bellow, Mr. Sammler's Planet (Fawcett, 1971), p.
53; Lao Tzu, Tao Te Ching, Book One, XX; 149. par. 5 Gioscia, Time Forms; Dubos, Mirage, pp.
5-14. 150. par. 3 Elaine Cumming, «Allocation of Care
to the Mentally Ill., American Style», in Mayer N. Zald (ed.),
Organizing for Community Welfare (Quadrangle, 1967). 154. par. 2 Cf. Joseph Chilton Pearce, The Crack in
the Cosmic Egg (Pocket, 1973); Sheila Ostrauder and Lynn Schroeder,
Psychic Discoveries Behind the Iron Curtain (Bantam 1971). par. 4. Debbo
questo esempio a Jacqueline Larcombe Doyle. 154-155. Questo paragrafo si basa su conversazioni con
Jacqueline Larcombe Doyle. 156. par. 2 Bateson, Steps, p. 69. 156-157. Ibi., pp. 356-57. 157. par. 1 Toffler, op. cit., p. 391. 158. par. 1 Michel Foucault, Madness and Civilization
(Mentor, 1967), pp. 18-31. par. 3 Robert A. Dentler and Kai T. Erikson,
«The Functions of Deviance in Groups», Social Problems,
VII (Fall 1959), pp. 98-107, citato in Lewis A. Coser, «Some functions
of Deviant Behavior and Normative Flexibility». American Joumal
of Sociology, 68, 1962, p.175. 159. par. 3 Lewis Mumford, «The Fallacy of Systems»,
Saturday Review, October 1949; Foucault, op.cit., p. 170. 162. par. 1 Erving Goftman, Asylums (Anchor, 1961). 163-164. RD. Laing, The Politics of the Family (Pantheon
1971), pp. 77-81. 165. par. 4 (*) Ebenezer Scrooge è il protagonista
avaro della Christmas Carol di Dickens, che, visitato dagli spiriti
durante la Vigilia di Natale, diventa generoso sulla scorta di quanto
essi gli dimostrano della vita umana (N.d. T). 169. Idries Shah, The Exploits of the Incomparable Multa
Nasrudin (Dutton, 1972), p. 16. 170-171. Laing, op. cit., pp. 103-16; Bateson, op. cit.,
pp. 201-43. 172. par. 1 Montagne, Touching, pp. 65 ff., 230-55,
and passim. 173. par. 3 Benjamin Spock, The Common Sense Book of
Baby and Child Care, Rev. Ed. (Duell, Sloan,& Pearce, 1957), pp.
3-10, 48-49. 176., par. 4 Gioscia, Time Forms, p. 75. 178. par. 2 In un pamphlet della controcultura intitolato
Methods of Organization for Collectives, ottenibile da Antimass, Box
31352, San Francisco, California 94114, si può trovare un fondo
di saggezza circa i problemi impliciti alla dimensione, alla vita collettiva
e al potere di massa. 184. par. 3 Bateson, op. cit., p. 433. |